Foto di Hosny Salah – Pixabay

Alexandro Sabetti

C’è un grande assente nella narrazione drammatica di queste ore dal Medio Oriente: la scomparsa dei palestinesi, l’assenza di qualsiasi empatia verso il loro dolore. C’è solo il terrore di Hamas o le paure degli israeliani.

La scomparsa dei palestinesi sui media embedded

Le immagini drammatiche di queste ore, con la pioggia di fuoco che si è abbattuta sulla Striscia di Gaza da parte dell’esercito israeliano, continua a riproporre un modello di comunicazione dei grandi mezzi d’informazione mainstream, in cui non vi è alcun afflato emozionale verso le vittime di una parte, completamente sbilanciato sul dolore dell’altra parte.

Lo possiamo vedere continuamente sulla home della stragrande maggioranza dei media dove viene sottolineato il dramma di ogni singolo israeliano morto, che hanno un volto, una storia e contemporaneamente c’è la completa spersonalizzazione dei palestinesi. Sono un numero, si da per scontato che muoiano come mosche, senza storie, 

In questa narrazione della paura di una sola parte, ci sono gli israeliani sotto le sirene per la caduta dei razzi lanciati da Hamas. I palestinesi no. Sono un entità astratta, che si materializza solo quando reagiscono con atti violenti, quindi assimilabili in questa narrazione ai terroristi e non a combattenti per la propria autodeterminazione.

I palestinesi semplicemente non vengono nominati. Gaza, con la sua realtà di tutti i giorni, una storia tragica di prigione a cielo aperto, non esiste.

A seguire le cronache di questi giorni sembra quasi che in Israele ci sia stato un attacco alieno: all’improvviso, nella quieta esistenza dello Stato ebraico, delle misteriose entità sconosciute identificate con il minaccioso nome di Hamas, atterrando in quel di Gerusalemme, come le gigantesche navi aliene di Roland Emmerich negli anni ’90, hanno scatenato il panico e la guerra contro gli umani.

Scontri a Gerusalemme e missili da Gaza: la realtà capovolta

I razzi da Gaza arrivano improvvisi, un attacco immotivato e assurdo, una violenza gratuita dei palestinesi – e non di Hamas, eventualmente. Un attacco che quindi merita la reazione e la punizione dura che stiamo vedendo.

I palestinesi, esiliati dentro e fuori dalla loro terra, sono stati disumanizzati e ridotti a stereotipi dalla retorica israeliana e dei mezzi d’informazione occidentali, che sono riusciti così a razionalizzare l’occupazione, rendendola accettabile, così come la violenza dell’occupante, che è sempre per qualche giustificato motivo.

Come scrisse tempo fa il professor Paolo Desogus , docente alla Sorbonne Université:

La disumanizzazione di questo conflitto passa infatti anche per la spoliazione dei tratti storici, politici, psicologici dell’altro. Solo gli israeliani hanno paura, subiscono. Solo loro sono un popolo. Dall’altra parte si agitano forze anonime, abusive, intrinsecamente ostili. Nella misura in cui vengono ridotti a non-uomini i palestinesi non hanno diritti, non meritano dignità, possono essere combattuti con qualsiasi mezzo.

I palestinesi semplicemente non esistono, scompaiono come fantasmi, occultati sotto le macerie, senza lasciare memoria alcuna.

Da quasi settant’anni, lo Stato di Israele si è letteralmente sovrapposto alla Palestina, occultando la sua geografia e la sua Storia, e facendo scomparire realmente e metaforicamente la sua popolazione.

Nurit Peled ha scritto nel saggio intitolato La Palestina nei testi scolastici di Israele (Edizioni Gruppo Abele, 2015, trad. C. Alziati),che  l’indottrinamento subito da tutta la società israeliana attraverso l’istruzione, ma non solo,  ha portato le ultime tre generazioni di israeliani a ignorare completamente la storia, la realtà sociale e geopolitica del proprio Stato.

Israele ha il diritto di esistere, ma questa sua radice macchia irrimediabilmente le sue fondamenta.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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