di Alessandro Bianchi

Pechino, 17 ottobre       

Quando nel 2013 dall’università di Nazarbayev in Kazhakistan, il presidente cinese Xi Jinping lanciava il progetto della “Belt and Road Initiative” (all’epoca “One Belt One Road”), nessun leader del cosiddetto “occidente allargato” gli aveva dato molto peso.

Esattamente 10 anni dopo, domani mercoledì 18 ottobre, Pechino si appresta ad ospitare capi di stato e rappresentanti di alto livello di 140 paesi e oltre 30 organizzazioni internazionali per il “Terzo Forum della Belt and Road Iniziative”, pilastro indiscutibile del nuovo mondo multipolare.

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Al China Daily di oggi, Xu Xiujun, direttore del Dipartimento di Politica economica all’Accadema di studi sociali di Pechino, afferma: “il presidente cinese ha personalmente pianificato e promosso la nuova fase di sviluppo di alta qualità” del progetto. E a Pechino in tanti ci ripetono che quello di XI domani “sarà un discorso storico”. Anche nelle passate edizioni del Forum del 2017 e del 2019, del resto, gli interventi del presidente cinese hanno indicato la via programmatica per l’iniziativa che in 10 anni ha rivoluzionato le relazioni internazionali e dato impulso alla piena decolonizzazione del sud del mondo: autostrade, ferrovie, porti e ospedali non sono più stati vincolati a presunti “diritti umani” da rispettare o alla generica “democrazia”, ma sono semplicemente divenuti realtà a decine.

Globalizzazione positiva, mutui vantaggi, rispetto della sovranità e indipendenza dei paesi aderenti, prosperità condivisa. Le parole chiavi dell’approccio cinese alle relazioni internazionali hanno fatto breccia nel sud del mondo e tolto dalla povertà 40 milioni di persone.  Non avendo armi efficaci per contrastare il progetto, all’occidente non è rimasto che provare la carte del copia e incolla. Il Global Gateway dell’UE verso l’Africa e il tentativo Usa di trasformare l’”AGOA” di Clinton in una “via americana alla Belt and Road” sono già un fallimento. E non è solo la pessima percezione che nel sud del mondo si ha dell’occidente, ma per un motivo più semplice che ci ha perfettamente sintetizzato un funzionario di alto livello con cui abbiamo avuto modo di conversare in questi giorni. “I tentativi degli Stati Uniti di proporre ai paesi africani ed emergenti sono proposte similari alla “Nuova via della seta” con la differenza che, mentre nella conferenza Bri del 2019 sono stati lanciati 30 progetti e questi sono già stati tutti realizzati nello stanziamento dei soldi previsti, gli Stati Uniti al momento fanno solo conferenze per promettere lo sblocco dei fondi promessi in quella precedente.”

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E l’occidente? Al Forum sono presenti gli ex premier di Italia e Spagna, Massimo D’Alema e Zapatero. Assente l’Unione Europea con l’eccezione di Viktor Orban e ci segnalano delegazioni di basso profilo di Francia e Grecia. Un gigante di argilla si definiva un tempo l’Unione Europea per sottolineare il suo grande peso economico e l’assenza di quello politico. Ecco, diciamo che è rimasta solo l’argilla…

Le sfide che la Cina dovrà affrontare per la BRI nel prossimo futuro sono tante. In primo luogo i conflitti in corso. Il successo dell’iniziativa è direttamente proporzionale ad una situazione di pacificazione delle aree coinvolte e la situazione attuale in Medio Oriente preoccupa molto a Pechino, con paesi chiavi del progetto che rischiano di trasformarsi in elementi di instabilità. In secondo luogo, un rapporto positivo con l’occidente (paesi UE in particolare) sul quale la Cina continua a lavorare. “La BRI e l’allargamento dei Brics non sono in contrato con l’occidente, noi lavoriamo per il dialogo e la costruzione di nuove forme di cooperazione”, ci dichiara il funzionario. Terza sfida: trovare una sintesi con tutti i progetti e organizzazioni del nuovo mondo multipolare, Brics 11 in primis. Vito Petrocelli, ex presidente della Commissione Affari esteri del Senato e attuale presidente dell’Istituto Italia-Brics, presente al Forum nella sezione “People to people” ci sottolinea a proposito: “La BRI avrà successo se manterrà le sue caratteristiche particolari e saprà adeguarsi all’evoluzione del contesto internazionale. La non ingerenza cinese negli affari interni dei paesi partecipanti, l’apertura del Nord del mondo alla partecipazione e il riconoscimento dei reciproci benefici dell’iniziativa e promozione dello sviluppo vantaggioso per tutte le parti in particolare”.

Tristemente assente domani sarà l’Italia. Il governo Meloni manda un messaggio chiaro sulla sorte ormai segnata del Memorandum di adesione alla BRI firmato dal Governo Conte I nel 2019. Un assenza assenso (a Washington) con cui l’Italia chiude la porta al nuovo mondo che avanza inesorabilmente e che definirà lo scacchiere delle relazioni internazionali per i prossimi decenni. “Il nuovo mondo con i Brics” era proprio il titolo di un lungimirante Convegno organizzato alla Camera dei deputati il 10 luglio 2016 dalla Commissione esteri del Movimento 5 Stelle alla Camera, nel quale la rappresentanza diplomatica cinese a Roma aveva presentato in Parlamento il progetto della Belt and Road Iniziative. Il governo Meloni ci ha fatto fare un tremendo passo indietro, con ripercussioni che vedremo, purtroppo, molto presto

https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-10_anni_bri_a_pechino_si_riunisce_il_nuovo_mondo_con_la_desolante_assenza_dellitalia/5871_51267/

Di Red

„Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d'inventare l'avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l'avvenire.“ — Thomas Sankara

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