La guerra in Ucraina e quella in Palestina, attraverso il racconto dei media, stanno avendo la funzione dia uniformare il più possibile l’opinione pubblica e depurarla delle voci critiche per creare il buon cittadino.
Conformismo e pensiero reietto: il buon cittadino
Dopo aver letto il pezzo di Munchau (esperto del Financial Times), che demolisce la politica estera dell’UE, mi pare si possa trarre una considerazione sull’atteggiamento dei paesi europei, che in larga parte vale sia per il conflitto israelo-palestinese che per quello in Ucraina.
La stampa e la politica dei paesi europei stanno dedicando tantissimo spazio al conflitto in Palestina, come in passato ne hanno dedicato alla guerra russo-ucraina. Si susseguono dichiarazioni, prese di posizione, richiamo ai valori morali e tradizionali come supporto all’azione politica.
L’attenzione è grande, ma a pensarci bene, questo alto grado di interesse è inversamente proporzionale all’effettiva capacità dell’Europa di intervenire attivamente e con una propria linea su quegli scenari di guerra.
Il picco di questa inconsistenza credo che sia stato toccato da Emmanuel Macron qualche giorno fa, quando nel disinteresse generale ha detto che occorrerebbe costruire una coalizione contro Hamas sul modello di quella schierata contro l’Isis. Perché si è espresso così a casaccio con una proposta priva di fattibilità?
La grande discussione su quei conflitti, in Francia, in Italia e nel resto dell’UE, deve essere forse riportata al dibattito interno e non a un effettivo tentativo di costruire una linea politica europea. Nessun paese è in grado di proporla: costa troppo, necessita di un’uscita dal torpore post-storico, implica una rottura con gli Usa e richiede l’intervento armato diretto dei paesi europei.
L’attenzione e la mobilitazione morale sono fortissime, soprattutto in Italia, e sono animate da un esercito di giornalisti, presunti specialisti e altre figuri televisivi pronti a elargire condanne e a classificare come antisemiti o amici di Hitler chi cerca le ragioni storiche degli attacchi di Hamas (esattamente come prima era stato per l’invasione russa).
La guerra in Ucraina e ora quella in Palestina servono in altre parole a uniformare il più possibile l’opinione pubblica, depurarla delle voci critiche, da bandire e mettere nell’angolo del pensiero reietto e senza cittadinanza. Oggi del resto, lo osserviamo nella vita quotidiana, in molti provano imbarazzo e timore di una riprovazione morale nei luoghi di lavoro o tra le persone della propria cerchia nell’esprimere una posizione critica verso Israele, nonostante quasi 7000 morti palestinesi e la distruzione di più del 50% delle abitazioni di Gaza.
In altre parole quei due eventi sono utili a costruire il sistema di idee del “buon cittadino”, “rispettabile”, dotato di “buon senso” e di “valori occidentali provati”, difensore della “democrazia liberale” (dunque formale e orientata a proteggere il privilegio del capitale).
La discussione su due conflitti è insomma utile a creare un nuovo conformismo, un nuovo cittadino gestibile e inquadrabile a cui è concesso un margine di pensiero oppositivo e critico su temi prescelti e comunque inoffensivi.
Per gentile concessione di Paolo Desogus