La riforma costituzionale proposta dal governo di Giorgia Meloni riduce i poteri del presidente della Repubblica, limita le prerogative del Parlamento e non è in vigore in nessun altro paese al mondo
Il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge di riforma costituzionale, definita dalla premier, Giorgia Meloni, la ‘madre di tutte le riforme’.
Il testo prevede la modifica o la sostituzione degli articoli 59, 88, 92 e 94 della Costituzione.
L’articolo 1 del Ddl abroga il secondo comma dell’articolo 59 della Costituzione. Con questa modifica il Capo dello Stato non potrà più nominare i senatori a vita. Lo saranno, salva rinunzia, solo gli ex presidenti della Repubblica.
L’articolo 2 abroga una frase del primo comma dell’articolo 88 della Costituzione. Con questa modifica il presidente della Repubblica non potrà più sciogliere una sola Camera.
L’articolo 3 sostituisce l’articolo 92 della Costituzione. La nuova disposizione prevede ‘l’elezione a suffragio universale e diretto del Presidente del consiglio’. Inoltre, la coalizione o il partito che lo sostiene ottiene ‘un premio assegnato su base nazionale’ che garantisce ‘ai candidati e alle liste collegati al Presidente del Consiglio dei Ministri il 55 per cento dei seggi nelle Camere’.
Con i risultati delle ultime elezioni, Giorgia Meloni sarebbe diventata PdC per 5 anni senza la nomina del PdR ed avrebbe ottenuto un’ampia maggioranza parlamentare pur avendo conquistato solo il consenso di un italiano su sette.
L’articolo 4 modifica il terzo comma dell’articolo 94 della Costituzione. Se il PdC non ottiene la fiducia del Parlamento il Presidente della Repubblica sarà obbligato a sciogliere le Camere. La riforma aggiunge all’articolo un sesto comma che prevede: ’In caso di cessazione dalla carica del Presidente del Consiglio, il Presidente delle Repubblica può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al Presidente eletto ..’
In campagna elettorale la Destra proponeva l’elezione diretta del presidente della Repubblica, ora ha ripiegato su quella del presidente del Consiglio, chissà perché?
La riforma scritta da Maria Elisabetta Alberti Casellati e proposta dal Governo riduce i poteri del presidente della Repubblica, limita le prerogative del Parlamento e non è in vigore in nessun altro paese al mondo.
Ed è evidente che c’è molta nostalgia di un tempo che fu.
Non solo.
L’obiettivo principale della leader di FdI è quello di impedire i cosiddetti ‘governi tecnici’, quelli presieduti e composti da non parlamentari.
La necessità di questi governi ha caratterizzato la cosiddetta ‘seconda Repubblica’. L’introduzione, nel 1993, del sistema elettorale prevalentemente maggioritario ha accentuato il ‘trasformismo’. Inoltre, l’instabilità finanziaria ha reso necessari interventi impopolari che la classe politica al governo non è stata in grado di prendere. Gli esecutivi tecnici sostenuti da ampie maggioranze sono serviti ad evitare la bancarotta dello Stato.
Se sarà approvata la riforma di Giorgia Meloni, cosa succederà alla prossima crisi finanziaria? Senza un governo tecnico sostenuto da una coalizione di volenterosi chi si assumerà la responsabilità di approvare un provvedimento come la ‘legge Fornero’?
Ed è bene ricordare che i sostenitori dei governi che ci hanno portato sull’orlo del fallimento finanziario sono gli stessi che ora propongono questa riforma e non è un caso.
Fonte senato.it