Le immagini che arrivano dalla Striscia di Gaza, dove da oltre un mese va in scena un autentico massacro, lasciano senza parole. I raid israeliani d’aria e di terra stanno radendo al suolo abitazioni, ospedali, centri per rifugiati, ma soprattutto migliaia di vite umane. A offrirci lo spaccato più completo della situazione sono i numeri diramati dalle Nazioni Unite sulla crisi umanitaria in corso a Gaza, che vengono aggiornati ogni giorno. Al 10 novembre 2023, scrive l’Onu basandosi sui dati forniti dal Ministero della Sanità di Gaza, sono 11.078 i morti palestinesi, tra cui si contano 3.027 donne, 4.506 bambini e 678 anziani. Ben 1.130 famiglie vedono molteplici vittime: 549 famiglie ne contano da 2 a 5, 189 nuclei familiari da 6 a 9 e 312 famiglie addirittura più di 10. I feriti risultano essere 27.490, con un incremento costante dallo scorso 7 ottobre. Altre 2.700 persone, tra cui 1.500 bambini, sono attualmente disperse e potrebbero essere intrappolate sotto le macerie. Gli sfollati interni a Gaza sono 1,6 milioni, rappresentativi del 70% della popolazione totale.

L’Onu offre anche l’istantanea degli ingenti danni inflitti dagli attacchi israeliani alle infrastrutture critiche e ai servizi essenziali, che hanno colpito gli standard di vita fondamentali delle persone che vivono a Gaza. Risultano infatti distrutti 10mila edifici e gravemente danneggiate oltre 222mila unità abitative (di cui più di 40mila totalmente distrutte). Rispetto al periodo precedente allo scoppio delle ostilità, vi è un consumo d’acqua inferiore del 90% e la maggior parte dei 65 pompaggi fognari non sono operativi. Per ricevere la metà di una normale porzione di pane c’è un tempo di attesa medio di 4-6 ore. 18 ospedali (oltre la metà di quelli presenti) e 40 centri sanitari sono fuori servizio, mentre 53 ambulanze sono state danneggiate. Risultano ad alto rischio di vita almeno 1.000 persone con insufficienza renale, oltre 2mila malati di cancro e 130 neonati nelle incubatrici. Nel frattempo, tutti e 13 gli ospedali ancora operativi nell’area nord della Striscia hanno ricevuto ordini di evacuazione. Sono 198 i membri del personale medico uccisi dal 7 ottobre, di cui almeno 16, come ha rilevato l’Oms, erano in servizio quando sono morti, oltre a 99 componenti del personale dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (50 installazioni dell’Agenzia sono state danneggiate dagli attacchi), 20 membri del personale della Protezione civile palestinese e 49 giornalisti. Sono state inoltre danneggiate ben 279 strutture educative (oltre il 51% di quelle presenti a Gaza), almeno 3 chiese e 67 moschee. 625.000 studenti, il 100% degli aventi diritto, non hanno accesso all’istruzione.

L’Onu evidenzia inoltre che, per quanto riguarda la circolazione, vi è la chiusura completa dei valichi con Israele. Vige il divieto di accesso al mare e restrizioni nei pressi della recinzione che fa da perimetro con il territorio israeliano. Il valico di Rafah con l’Egitto è al momento parzialmente aperto. Dal 21 ottobre, giorno in cui è stata consentita per la prima volta dallo scoppio del conflitto l’entrata degli aiuti umanitari, sono potuti transitare a Gaza 861 camion carichi di aiuti umanitari. Nel periodo precedente allo scoppio della crisi, in media entravano a Gaza 500 camion ogni giorno.

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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