(Per un possibile avvio di discussione sulle prossime elezioni amministrative con l’obiettivo di un riconoscimento di esigenze comuni sul versante democratico/progressista tra soggetti politici e soggetti di impostazione civica al di fuori da improprie espressioni di personalismo e riconoscendo piena consapevolezza dell’aggressività della destra)

Il punto di partenza di questo ragionamento è quello del processo in atto “disconnessione”, della dissoluzione deliberativa del potere e di converso del considerare la Città come luogo del rafforzamento del processo democratico attraverso la capacità di raccordo tra opera e piano.

In un immaginario “ordine del giorno del cambiamento” debbono trovare posto tre punti fondamentali:

a) la stipula di patti di collaborazione per la gestione della risorse;

b) la ricomposizione dialettica del rapporto con le istituzioni;

c) la legittimazione delle istituzioni stesse.

Sono in atto fenomeni che richiederanno profonde trasformazioni proprio nella capacità d’indirizzo nel governo della cosa pubblica. Sviluppo alcuni esempi: lo spostamento “fisico” nella possibilità di utilizzo di servizi sociali; l’innalzamento di qualità nella sostenibilità ambientale dei centri urbani (riscaldamento, traffico); l’adeguamento dei centri storici alle esigenze di un turismo di qualità e dimensione diversa rispetto a quello rutilante del consumismo di massa; un tipo di ristrutturazione urbana per costruire un’offerta di case in modo tale da rendere appetibile la possibilità di trascorrervi molto più tempo di quanto non fosse in passato; un’attrezzatura culturale e sociale adeguata a una inedita offerta di tempo libero; la fluidità dei trasporti collettivi; l’equilibrio tra il centro e le periferie cittadine.; la sanità pubblica; l’adeguamento della rete infrastrutturale da realizzarsi a fronte dei temi ambientali, dello sviluppo sostenibile, del lavoro.

Prima di tutto dobbiamo tornare a considerare la città come “ la nicchia ecologica della specie umana”.

Per arrivare a questo punto non è necessario porre al primo posto la “quantità” ma essenzialmente il “come” e il “perché”.

Storicamente possiamo dire che la Città ha offerto grandi occasioni di evoluzione nella relazione tra ambiente e rapporti sociali, di fruizione degli strumenti di conoscenza, di avanzamento tecnico e scientifico.

In seguito sono state assunte scelte al riguardo delle quali non è possibile nasconderci dietro a un dito : non è possibile che la Città continui a pensare a sé stessa come ripiegata attorno ad espressioni di consumismo irragionevole che hanno causato, prima di tutto, un deperimento crescente dei nostri beni collettivi.

Non basta tornare a recitare vecchi slogan, del tipo : “La Città a misura di…”; sono cambiate troppe cose in una misura molto profonda.

Soprattutto è necessario pensare alla Città oltre la Città, quale espressione di base teorica per qualsiasi tipo di impostazione progettuale che deve essere avviata verso una vera e propria “costruzione di identità”.

Un’affermazione – anche elettorale – di una capacità di impostazione democratico – progressista interna all’applicazione del dettato costituzionale consentirà di affermare assieme principi fondativi, capacità di governo, autonomia funzionale sbarrando la strada a ulteriori processi di separazione, di smarrimento sociale, di allargamento delle disuguaglianze.

Di Franco Astengo

Lunga militanza politico-giornalistica ha collaborato con il Manifesto, l'Unità, il Secolo XIX,. Ha lavorato per molti anni al Comune di Savona occupandosi di statistiche elettorali e successivamente ha collaborato con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova tenendo lezioni nei corsi di "Partiti politici e gruppi di Pressione", "Sistema politico italiano", "Potere locale", "Politiche pubbliche dell'Unione Europea".

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