Palestinians line up for a free meal in Rafah, Gaza Strip, Thursday, Dec. 21, 2023. International aid agencies say Gaza is suffering from shortages of food, medicine and other basic supplies as a result of the two and a half month war between Israel and Hamas. (AP Photo/Fatima Shbair)

 Fabrizio Casari 

Prorogato di tre volte il voto – giusto il tempo per ricattare, premere e minacciare con il veto USA – alla fine il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato una risoluzione che chiede di accelerare le consegne di aiuti ai civili in condizioni disperate di Gaza, ma non chiede la “sospensione urgente delle ostilità” tra Israele e Hamas come indicava in origine la risoluzione. Che sebbene non chiedesse la fine del genocidio palestinese, ma solo una nuova tregua per la popolazione civile, era stata giudicata da Washington un “aiuto ad Hamas”.

La risoluzione “deplora tutti gli attacchi contro civili e oggetti civili, nonché tutte le violenze e le ostilità contro i civili e tutti gli atti di terrorismo” e chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. Ma si riferisce a quelli israeliani, non certo alle migliaia di palestinesi detenuti senza accuse e senza processi e seppelliti nelle carceri israeliane.

La Risoluzione, che da alcuni stati arabi viene giudicata addirittura “un miracolo” (Qatar docet), è in realtà un compromesso al ribasso che non serve a granchè, dal momento che in una terra martoriata dalle bombe, fermarle sarebbe stata l’unica base di partenza seria per l’arrivo degli aiuti. Non si capisce infatti come potranno essere consegnati gli aiuti, dato che sotto i missili e l’artiglieria il lavoro di scarico merci risulta alquanto problematico.

La quantità di aiuti previsti è meno del 10% del fabbisogno alimentare e farmaceutico; particolare non indifferente visto che a Gaza impera la fame oltre al terrore e continuano a morire palestinesi anche per mancanza di ospedali (tutti distrutti) e medicine (finite da tempo). Secondo un rapporto pubblicato da 23 agenzie ONU e umanitarie, l’intera popolazione di Gaza è in crisi alimentare o peggio e 576.600 persone soffrono una fame “catastrofica”. Il 90% della popolazione rimane regolarmente senza cibo per almeno un giorno intero. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, dall’inizio della guerra sono stati uccisi più di 20.000 palestinesi. Le stesse Nazioni Unite, però, stimano che altre migliaia di palestinesi siano rimaste sepolte sotto le macerie.

La rappresentante ONU per i Territori Occupati, Francesca Albanese, ha chiesto con forza l’applicazione di sanzioni verso Israele definendo un parziale genocidio quello dei palestinesi, ma anche su questo l’Onu ricorda che i suoi funzionari non hanno nessuna influenza quando non si vuole che la abbiano. E Israele è uno di quei casi.

Bene ha fatto la Russia a non votare una ignobile presa in giro. La Risoluzione approvata consente infatti a Israele di continuare a bombardare e spianare a piacere, prendendo di mira la popolazione civile e non i combattenti di Hamas, che infatti fino a questo momento ha subito perdite contenute dei suoi effettivi in proporzione alla pesantezza degli attacchi.

Del resto nessuno in Israele pensava e pensa davvero che fosse Hamas l’obiettivo. L’annientamento totale e definitivo dei palestinesi era e resta il vero obiettivo di Israele, condiviso dagli USA e accettato sia dall’intero Occidente Collettivo che dai paesi arabi, salvo sfumature e distinguo di parole.

Gli USA gongolano perché la tattica che usano si dimostra vincente. Sia nei voti in sede ONU come nelle finte trattative e negli artificiosi dissensi con Netanyahu, Washington prende tempo per dare tempo a Israele di completare la sostituzione etnica, comunque di portarla più avanti che si può, così da seppellire definitivamente l’idea dei due stati sotto una inimicizia totale e definitiva. La tregua accettata un mese fa si doveva alla pressione dell’opinione pubblica mondiale e, comunque, si dovevano riempire di nuovo i magazzini di morte di Israele. Poi, con simbolico cinismo, l’inizio della tregua veniva accompagnato con la consegna di un milione e mezzo di proiettili per Tashal, oltre a nuovi missili e nuove bombe.

L’ONU ammanta così di legittimità una guerra terroristica condotta al di fuori e contro ogni principio etico, contro il Diritto Internazionale e il Diritto Umanitario, in spregio ad ogni Convenzione internazionale: da quelle sul rispetto dei non belligeranti e della popolazione civile nelle operazioni militari, a quelle sui Diritti umani, da quelle sulla tortura a quelle sui diritti dell’Infanzia, alla stessa Carta Fondativa ONU. Ha dimostrato l’impotenza nell’applicazione del Diritto e il totale asservimento alla ragion politica occidentale, ormai priva non solo di giustizia ed umanità ma persino di pudore.

Una persona sana di mente potrebbe chiedersi: ma se le stesse Agenzie delle Nazioni Unite indicano l’emergenza umanitaria di una guerra impari e vigliacca, perché le Nazioni Unite non prendono una posizione coerente con questo? Perché dall’Afghanistan all’Iraq, dallo Yemen alla Siria ed oggi con la Palestina, non c’è traccia di una posizione ONU coerente con la sua Carta fondativa?

La risposta sta precisamente nel ruolo degli Stati Uniti, che vedono ogni organismo rappresentante la comunità internazionale come antagonista al loro dominio globale. Le funzioni che dovrebbe assolvere l’ONU sono dunque o supine alle richieste USA o nemiche. Nel primo caso diventano un via libera, nel secondo rappresentano uno stop allo stesso. Va in scena qui la fine del senso storico di una istituzione che o viene profondamente, radicalmente trasformata, oppure diverrà completamente inutile, risultando solo un ufficio legale a tutela degli interessi occidentali.

L’agonia della ragione

Così come la Risoluzione che chiese la tregua (ripetutamente violata da Tel Aviv) nacque sotto la pressione internazionale, questa nuova Risoluzione rispecchia il venir meno dell’attenzione quando non di un clima di passiva accettazione per gli avvenimenti. Con lodevoli eccezioni si registra infatti una forte riduzione delle pressioni internazionali e delle mobilitazioni nelle piazze di tutto il mondo a favore dei palestinesi ed era proprio quello che l’iniziativa congiunta Israele-Usa aveva previsto sarebbe successo, bastava dare tempo al tempo e non fermare mai l’orrore fino a trasformare il fatto in Diritto.

L’opinione pubblica internazionale sembra aver abbassato la guardia, almeno sotto il profilo dell’intensità delle proteste. L’agenda mediatica degli aggressori, forti del monopolio dell’informazione influente, funziona. Non c’è un media in tutto l’Occidente politico che risalti le ragioni della Palestina, non un commentatore che abbia il coraggio di affermarle.

Il cedere terreno quotidianamente delle ragioni, la trasformazione dell’orrore in normalità quotidiana, rende una notizia una “non notizia”, muta lo straordinario in ordinario, sostituisce il grido disperato con uno sguardo attonito, trasforma la novità in abitudine e la priva così di reazioni forti. L’orrore si posiziona ogni giorno più indietro, sulle sponde del già visto. E’ così che qualunque ferocia si assimila, che ogni spavento si compie sul crinale della progressiva indifferenza dove si giustifica ciò che non ha giustificazione.

Al terrorismo di Israele si affianca il cinismo menefreghista di chi rivendica la supremazia dei bianchi e occidentali contro il resto del mondo. Nel mercato dei buoni e dei cattivi i sequestri orribili di alcuni ostaggi valgono molto di più che il sequestro totale di un popolo. Nella verità storica rovesciata, nel ribaltamento delle ragioni e dei fatti, gli occupanti e affamatori diventano i giusti, i veri colpevoli sono le vittime.

Nulla di quanto l’orrore umano possa considerare è stato risparmiato a Gaza. In una guerra che non è difensiva ma di annientamento, ci si abitua a tutto, anche alle cose più bestiali, perché vengono in soccorso dell’animo bestiale ed egoista su cui si fonda la storia di questo nuovo secolo. Quello che segna la disperazione del vecchio ordine mondiale che preferisce distruggere tutto piuttosto che vedere l’affermarsi del nuovo

Gaza e l’ONU, l’orrore e i silenzi

 DettagliScritto da Fabrizio Casari Pubblicato: 23 Dicembre 2023

Prorogato di tre volte il voto – giusto il tempo per ricattare, premere e minacciare con il veto USA – alla fine il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha adottato una risoluzione che chiede di accelerare le consegne di aiuti ai civili in condizioni disperate di Gaza, ma non chiede la “sospensione urgente delle ostilità” tra Israele e Hamas come indicava in origine la risoluzione. Che sebbene non chiedesse la fine del genocidio palestinese, ma solo una nuova tregua per la popolazione civile, era stata giudicata da Washington un “aiuto ad Hamas”.

La risoluzione “deplora tutti gli attacchi contro civili e oggetti civili, nonché tutte le violenze e le ostilità contro i civili e tutti gli atti di terrorismo” e chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi. Ma si riferisce a quelli israeliani, non certo alle migliaia di palestinesi detenuti senza accuse e senza processi e seppelliti nelle carceri israeliane.

La Risoluzione, che da alcuni stati arabi viene giudicata addirittura “un miracolo” (Qatar docet), è in realtà un compromesso al ribasso che non serve a granchè, dal momento che in una terra martoriata dalle bombe, fermarle sarebbe stata l’unica base di partenza seria per l’arrivo degli aiuti. Non si capisce infatti come potranno essere consegnati gli aiuti, dato che sotto i missili e l’artiglieria il lavoro di scarico merci risulta alquanto problematico.

La quantità di aiuti previsti è meno del 10% del fabbisogno alimentare e farmaceutico; particolare non indifferente visto che a Gaza impera la fame oltre al terrore e continuano a morire palestinesi anche per mancanza di ospedali (tutti distrutti) e medicine (finite da tempo). Secondo un rapporto pubblicato da 23 agenzie ONU e umanitarie, l’intera popolazione di Gaza è in crisi alimentare o peggio e 576.600 persone soffrono una fame “catastrofica”. Il 90% della popolazione rimane regolarmente senza cibo per almeno un giorno intero. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, dall’inizio della guerra sono stati uccisi più di 20.000 palestinesi. Le stesse Nazioni Unite, però, stimano che altre migliaia di palestinesi siano rimaste sepolte sotto le macerie.

La rappresentante ONU per i Territori Occupati, Francesca Albanese, ha chiesto con forza l’applicazione di sanzioni verso Israele definendo un parziale genocidio quello dei palestinesi, ma anche su questo l’Onu ricorda che i suoi funzionari non hanno nessuna influenza quando non si vuole che la abbiano. E Israele è uno di quei casi.

Bene ha fatto la Russia a non votare una ignobile presa in giro. La Risoluzione approvata consente infatti a Israele di continuare a bombardare e spianare a piacere, prendendo di mira la popolazione civile e non i combattenti di Hamas, che infatti fino a questo momento ha subito perdite contenute dei suoi effettivi in proporzione alla pesantezza degli attacchi.

Del resto nessuno in Israele pensava e pensa davvero che fosse Hamas l’obiettivo. L’annientamento totale e definitivo dei palestinesi era e resta il vero obiettivo di Israele, condiviso dagli USA e accettato sia dall’intero Occidente Collettivo che dai paesi arabi, salvo sfumature e distinguo di parole.

Gli USA gongolano perché la tattica che usano si dimostra vincente. Sia nei voti in sede ONU come nelle finte trattative e negli artificiosi dissensi con Netanyahu, Washington prende tempo per dare tempo a Israele di completare la sostituzione etnica, comunque di portarla più avanti che si può, così da seppellire definitivamente l’idea dei due stati sotto una inimicizia totale e definitiva. La tregua accettata un mese fa si doveva alla pressione dell’opinione pubblica mondiale e, comunque, si dovevano riempire di nuovo i magazzini di morte di Israele. Poi, con simbolico cinismo, l’inizio della tregua veniva accompagnato con la consegna di un milione e mezzo di proiettili per Tashal, oltre a nuovi missili e nuove bombe.

L’ONU ammanta così di legittimità una guerra terroristica condotta al di fuori e contro ogni principio etico, contro il Diritto Internazionale e il Diritto Umanitario, in spregio ad ogni Convenzione internazionale: da quelle sul rispetto dei non belligeranti e della popolazione civile nelle operazioni militari, a quelle sui Diritti umani, da quelle sulla tortura a quelle sui diritti dell’Infanzia, alla stessa Carta Fondativa ONU. Ha dimostrato l’impotenza nell’applicazione del Diritto e il totale asservimento alla ragion politica occidentale, ormai priva non solo di giustizia ed umanità ma persino di pudore.

Una persona sana di mente potrebbe chiedersi: ma se le stesse Agenzie delle Nazioni Unite indicano l’emergenza umanitaria di una guerra impari e vigliacca, perché le Nazioni Unite non prendono una posizione coerente con questo? Perché dall’Afghanistan all’Iraq, dallo Yemen alla Siria ed oggi con la Palestina, non c’è traccia di una posizione ONU coerente con la sua Carta fondativa?

La risposta sta precisamente nel ruolo degli Stati Uniti, che vedono ogni organismo rappresentante la comunità internazionale come antagonista al loro dominio globale. Le funzioni che dovrebbe assolvere l’ONU sono dunque o supine alle richieste USA o nemiche. Nel primo caso diventano un via libera, nel secondo rappresentano uno stop allo stesso. Va in scena qui la fine del senso storico di una istituzione che o viene profondamente, radicalmente trasformata, oppure diverrà completamente inutile, risultando solo un ufficio legale a tutela degli interessi occidentali.

L’agonia della ragione

Così come la Risoluzione che chiese la tregua (ripetutamente violata da Tel Aviv) nacque sotto la pressione internazionale, questa nuova Risoluzione rispecchia il venir meno dell’attenzione quando non di un clima di passiva accettazione per gli avvenimenti. Con lodevoli eccezioni si registra infatti una forte riduzione delle pressioni internazionali e delle mobilitazioni nelle piazze di tutto il mondo a favore dei palestinesi ed era proprio quello che l’iniziativa congiunta Israele-Usa aveva previsto sarebbe successo, bastava dare tempo al tempo e non fermare mai l’orrore fino a trasformare il fatto in Diritto.

L’opinione pubblica internazionale sembra aver abbassato la guardia, almeno sotto il profilo dell’intensità delle proteste. L’agenda mediatica degli aggressori, forti del monopolio dell’informazione influente, funziona. Non c’è un media in tutto l’Occidente politico che risalti le ragioni della Palestina, non un commentatore che abbia il coraggio di affermarle.

Il cedere terreno quotidianamente delle ragioni, la trasformazione dell’orrore in normalità quotidiana, rende una notizia una “non notizia”, muta lo straordinario in ordinario, sostituisce il grido disperato con uno sguardo attonito, trasforma la novità in abitudine e la priva così di reazioni forti. L’orrore si posiziona ogni giorno più indietro, sulle sponde del già visto. E’ così che qualunque ferocia si assimila, che ogni spavento si compie sul crinale della progressiva indifferenza dove si giustifica ciò che non ha giustificazione.

Al terrorismo di Israele si affianca il cinismo menefreghista di chi rivendica la supremazia dei bianchi e occidentali contro il resto del mondo. Nel mercato dei buoni e dei cattivi i sequestri orribili di alcuni ostaggi valgono molto di più che il sequestro totale di un popolo. Nella verità storica rovesciata, nel ribaltamento delle ragioni e dei fatti, gli occupanti e affamatori diventano i giusti, i veri colpevoli sono le vittime.

Nulla di quanto l’orrore umano possa considerare è stato risparmiato a Gaza. In una guerra che non è difensiva ma di annientamento, ci si abitua a tutto, anche alle cose più bestiali, perché vengono in soccorso dell’animo bestiale ed egoista su cui si fonda la storia di questo nuovo secolo. Quello che segna la disperazione del vecchio ordine mondiale che preferisce distruggere tutto piuttosto che vedere l’affermarsi del nuovo

https://www.altrenotizie.org/primo-piano/10161-l-onu-e-gaza-l-orrore-e-i-silenzi.html

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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