Fabrizio Venafro

Un nuovo studio ad opera del Progressive Politics Research Network conferma ciò che a molti sembra un’ovvietà: ossia che virare a destra, da parte delle forze di sinistra, non paga a livello elettorale. Lo studio, recentemente pubblicato e di cui da notizia «The Guardian», conferma che le persone preferiscono l’originale alla copia. Quindi, scimmiottare la destra in tema di ossessione securitaria o mostrarsi inflessibili in merito al contenimento della spesa pubblica non porta a un incremento dei consensi. Gli elettori di destra continuano a votare a destra, mentre quelli di sinistra smettono di votare per una formazione che ritengono abbia tradito i propri principi. Se forze come il New Labour di Tony Blair o la SPD dei Gerhard Schroder hanno avuto successo, è stato grazie al fatto che si era in un periodo di stabilità e di crescita. Ma dalla crisi del 2008 la situazione è cambiata. In sostanza, si è reso palese ciò che  filosofi della politica come Dahrendorf e Castoriadis affermano riguardo ai paesi post-industriali; ossia che è bandita nientemeno che l’opposizione politica.

È ciò che è successo in Italia, dove il principale partito del centro sinistra viene definito il partito delle ztl, facendo riferimento a un elettorato che occupa principalmente i centri storici delle città. Il partito è quasi scomparso, elettoralmente, dalle periferie. Il che si spiega probabilmente con il fatto che le formazioni che hanno una tradizione di sinistra hanno fatto proprie molte battaglie liberali, in tema di diritti individuali, abbandonando la questione sociale e privando di rappresentanza le classi lavoratrici. E spiega anche i numeri dell’astensione elettorale, sempre più preoccupanti. Se a sinistra si sono persi i legami con le idee socialiste ed è avvenuta una mutazione verso il liberalismo, la destra i propri legami con la propria storia in genere li ha consolidati, se non formalmente senza dubbio nella sostanza. E un’ideologia di rottura formale con l’ordine imperante ha maggiore appeal che una politica di piccoli aggiustamenti e di resilienza con il capitalismo predatorio che caratterizza l’attuale epoca. La destra riesce a mantenere questa ambiguità: non mette in discussione l’ordine del capitale, che è il vero responsabile della crisi odierna, ma finge di tutelare alcune frange vulnerabili offrendogli facili capri espiatori. Cavalcando il malessere generale e spostando il dito d’accusa dai responsabili alle vittime, alimenta un conflitto orizzontale e offre vittime sacrificali al malcontento comune.

Ecco che, allora che chiunque, secondo la migliore vulgata neoliberale va considerato responsabile della propria miseria, quali ad esempio i percettori del reddito di cittadinanza,  e chiunque sia suscettibile di finire ai margini della società, costituiscono gli obiettivi delle politiche repressive delle destre liberal-fasciste.

Dal canto suo, la sinistra subisce uno smarrimento esiziale, perché non è più capace di esercitare un controcanto all’ordine dominante. Solo attraverso il recupero di una critica al capitalismo, propria della tradizione socialista, la sinistra ritroverebbe se stesso. Oggi, il capitalismo presenta criticità drammatiche e dimostra il proprio fallimento per non essere riuscito a mantenere le promesse ingannevoli di un maggior progresso sociale e benessere economico per la gran parte delle persone. Almeno tre ordini di contraddizioni caratterizzano il capitalismo: una maggiore disuguaglianza tra e all’interno dei singoli stati, un venir meno dei minimi principi della democrazia, minata dalla progressiva concentrazione dei capitali e delle ricchezze e quindi da un crescente disequilibrio nell’esercizio del potere, e, infine, la crisi ecologica che non può essere risolta all’interno dell’attuale paradigma e che sussume le altre due contraddizioni. Infatti, nel quadro delle attuali compatibilità, la disuguaglianza non può che aumentare, i sistemi di welfare non avranno risorse che dovranno essere usate per fronteggiare i sempre più frequenti disastri e le emergenze non favoriscono certo il fluire della dinamica democratica. Occorre allora affrontare il capitalismo nelle sue contraddizioni principali, alle quali si aggiunge un’estensione globale delle guerre, frutto della fine di un’egemonia statunitense e dell’emergere di uno scenario multipolare. Se non affronta il toro per le corna, la sinistra non fa che recitare il ruolo che i filosofi della politica attribuiscono da tempo al ceto politico: essere imprenditori elettorali che hanno quale unico movente quello di perpetuare se stessi sugli scranni del potere. Mentre la politica, quella vera, è già decisa altrove.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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