Foto di Amrulqays Maarof da Pixabay

La consulente legale del Sudafrica nel procedimento contro Israele all’Aja per il genocidio nei confronti dei palestinesi a Gaza, ha dichiarato: “E’ il primo genocidio della storia in cui le vittime trasmettono in tempo reale la propria distruzione nella disperata e finora vaga speranza che il mondo faccia qualcosa”.

In un articolo pubblicato su Sky News, che non è propriamente il Bolscevico o il bollettino di Hamas, si legge: “Parti cesarei senza anestesia, pezzi di tende al posto degli assorbenti igienici, una toilette ogni 500 persone.”

La domanda è: quali approfonditi studi bisogna fare e quali specifiche competenze accademiche bisogna acquisire per capire e denunciare questi orrori?

Orrori a Gaza: il mondo si volta dall’altra parte

Una delle domande che si faranno i posteri relativamente a questo periodo storico sarà: come è stata possibile, nelle democrazie iperconnesse in cui chiunque può accedere a informazioni dirette e in tempo reale, una simile e pressoché totale inazione dei popoli occidentali a fronte dei crimini terrificanti inflitti a milioni di innocenti?

Ci sono ovviamente molte cause: a mio parere, una considerazione importante è quella che per sopravvivere in una società capitalistica, ovvero basata sulle disuguaglianze e sulla legge del più forte, bisogna costantemente operare una serie di rimozioni.

Per esempio: vivere godendo appieno dei propri privilegi non è possibile, quando si è consapevoli del fatto che tale benessere è fondato sulla povertà e sullo sfruttamento di milioni di persone vicine e lontane, contribuisce alla catastrofe climatica etc.

Per gli sfruttati, vivere in una parvenza di serenità richiede di rimuovere la consapevolezza della propria costante condizione di inferiorità, perché in assenza di prospettive realistiche di emancipazione tale consapevolezza non porta altro che frustrazione, rabbia e guai.

Il mondo dell’informazione, in mano a persone che hanno tutto l’interesse a mantenere lo status quo, asseconda e amplifica questo processo promuovendo certe notizie e certe interpretazioni e rimuovendo il più possibile le realtà scomode di fondo.

Chi vive in una società distopica come la nostra è quindi sostanzialmente addestrato a rimuovere, rimuovere, rimuovere fino a rifugiarsi (in realtà , rinchiudersi) in bolle ristrette sostanzialmente isolate dal mondo esterno. Non a caso, il mantra della nostra società non è la lotta per il sol dell’avvenire, ma piuttosto “non rompetemi le scatole”.

In definitiva, la grande maggioranza dei popoli occidentali prende ormai da tempo la pillola blu del rifiuto della realtà negando gli istinti empatici e sociali, ed è quindi priva di qualsiasi prospettiva di liberazione. I privilegiati compensano questa condizione patologica con la corsa all’edonismo, ma tra gli sfruttati le contraddizioni di questa esistenza fasulla cresceranno fino a diventare del tutto insostenibili.

È questa la lezione che il 7 ottobre ha impartito al mondo; e dato che ci rifiutiamo di impararla, presto o tardi ci toccherà viverla in prima persona.

* Da Alessandro Ferretti Blogspot

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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