Gli Stati Uniti sono sull’orlo di una crisi istituzionale senza precedenti, con il governatore del Texas Greg Abbott che contravviene alle disposizioni federali, esautora la Border Police e gestisce da solo la frontiera con la sua Guardia Nazionale, incassando la solidarietà di Florida, Montana, Missouri, Virginia, Oklahoma e South Dakota.

USA, il Texas ribelle

Di Andrea Zhok*

Non guardando più la televisione non so quale sia il livello di filtraggio delle notizie raggiunto. Mi chiedo (ma non con abbastanza urgenza da farmi accendere la TV) quale sia l’interpretazione che viene data dell’attuale profonda crisi negli USA tra gli stati del sud e l’amministrazione democratica centrale.

La crisi è iniziata con la rivendicazione della Guardia Nazionale Texana (TXNG) del diritto / dovere di proteggere le proprie frontiere dall’immigrazione clandestina dal Messico (e dal libero passaggio di stupefacenti promosso dai cartelli della droga).

La TXNG in apparenza è momentaneamente riuscita a bloccare il passaggio illegale ma è entrata in conflitto con l’amministrazione centrale che ribadisce di avere il monopolio della difesa dei confini (che, ovviamente, sono anche confini della Federazione).

Questa, che poteva apparire come una scaramuccia preelettorale tra uno stato repubblicano e l’amministrazione centrale democratica si sta rapidamente espandendo, con le dichiarazioni di solidarietà al Texas di Greg Abbott da parte dei governatori di altri stati del Sud (Florida, South Dakota, Virginia) e anche del Nord (Montana).

Sulla vicenda si è espressa anche la Corte Suprema (Costituzionale), dando ragione all’amministrazione centrale ma con uno scarto minimo (5 a 4).

Ora, è dell’anno scorso un sondaggio che mostrava come i 2/3 dell’elettorato repubblicano degli stati del Sud fosse favorevole alla secessione (e lo fosse anche il 50% dell’elettorato apartitico).

Intanto alcuni senatori democratici chiedono l’intervento militare in Texas per ripristinare il controllo federale sui confini.

La mia impressione è che la spaccatura di lungo periodo negli USA tra la propaggine globalista, legata alla grande finanza e alle metropoli della East e West Coast (prevalentemente DEM), e la propaggine isolazionista, “sovranista”, legata alla vasta provincia americana (prevalentemente Repubblicana o indipendente) si stia riallacciando alla grande spaccatura storica della guerra di secessione tra la Confederazione degli stati del Sud e gli Stati Uniti d’America (nordisti).

Rabbia e incomprensione antropologica covata per 150 anni sotto le ceneri sta riemergendo negli USA, che, è bene ricordarlo, non è il paese che viene dipinto da Hollywood, che rappresenta al 100% il punto di vista delle metropoli globaliste).

Come la vicenda si svilupperà è tutto da scoprire, ma lo scontro istituzionale è da inserire in un quadro complessivo di contrazione della potenza americana nel mondo e di crescita esponenziale e fuori controllo del debito pubblico USA (ad oggi 305mila miliardi di dollari, cioè 108 volte il debito italiano, con una popolazione che è solo 6 volte superiore).
Viviamo davvero in tempi interessanti (e dunque anche drammatici e pericolosi

Di Red

„Per ottenere un cambiamento radicale bisogna avere il coraggio d'inventare l'avvenire. Noi dobbiamo osare inventare l'avvenire.“ — Thomas Sankara

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