Alessandro Ferretti

Dall’Iraq all’Afghanistan, fino all’Ucraina e ora in Medio Oriente, l’Occidente si getta come un sol uomo a sostenere la violenza militare come unica strada possibile per risolvere i problemi che la stessa violenza ha storicamente esacerbato, senza tenere in minimo conto la realtà.

Le guerre dell’Occidente puntano a sconfiggere un nemico imbattibile: la realtà.

Uno dei principi-slogan cardine dell’ideologia della classe dominante occidentale è sicuramente “volere è potere”. Non importa se parti completamente svantaggiato, non importa quanti e quali siano gli ostacoli, non importa se solo uno su mille ce la fa: se vuoi, puoi fare qualsiasi cosa a dispetto di ogni situazione.

Questo slogan è ideologicamente fondamentale perchè legittima moralmente tutte le disuguaglianze generate dalle leggi del mercato selvaggio. Emarginazione e povertà non sono colpa del sistema economico, ma dei poveri e degli emarginati che non “vogliono” abbastanza, non ci provano a sufficienza. Al contrario, nuotare nell’oro è chiaro indice di merito e superiorità in ogni campo: volontà, perseveranza, spirito di sacrificio etc.

Non ho bisogno di dilungarmi a spiegare quanto questo slogan sia scollegato dalla realtà; eppure, l’evidenza dimostra che i nostri cari dominanti purtroppo (e incredibilmente) hanno finito per crederci davvero. Le conseguenze sono sempre più disastrose e potenzialmente fatali per l’intero pianeta.

È proprio al grido di “volere è potere” che gli USA e i loro alleati si sono buttati nelle disastrose operazioni militari in Iraq e in Afghanistan. Leggendo i resoconti di quelle vicende, quello che appare drammaticamente chiaro è che nessuno aveva minimamente riflettuto sulle problematiche della situazione locale e sulle monumentali difficoltà di amministrare i paesi vinti. I decisori credevano semplicemente che una volta sconfitti Saddam e i talebani, tutto sarebbe andato magicamente a posto da solo.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti. In Iraq la nascita dell’ISIS (purtroppo ancora attivo) fu diretta conseguenza della terrificante gestione post-guerra, e l’attuale governo iracheno è finito sotto la forte influenza dell’Iran, unico paese uscito nettamente vincitore dal conflitto e dalle sue ramificazioni.

Per non parlare dell’Afghanistan, dove la fuga dell’Occidente da Kabul e l’abbandono di migliaia di persone che avevano collaborato con gli occupanti rappresenta probabilmente il più grande segnale del declino dell’egemonia occidentale.

Sarebbe logico pensare che dopo simili terrificanti sconfitte gli USA e i loro alleati abbiano riflettuto sui loro errori. E invece, manco un anno dopo, a Washington hanno prima lasciato precipitare la crisi tra Russia e Ucraina, poi hanno insistito con il governo ucraino (che stava trattando) che non doveva cedere alcunchè, promettendo enormi forniture militari necessarie e garantendo la vittoria finale.

Oggi, dopo altre decine e decine di migliaia di vittime militari e civili la realtà ha nuovamente smentito gli slogan: il comandante delle forze ucraine confessa che la situazione è in stallo, l’Ucraina ha dato fondo al suo potenziale umano (l’età media dei militari ucraini è ora di ben 43 anni), l’industria degli armamenti non è all’altezza di sostenere lo sforzo bellico e così l’Occidente cerca di indurre gli ucraini a trattare, in condizioni molto peggiori di un anno fa.

Siamo quindi ridotti a sperare che la Russia (il cui vantaggio in una guerra di attrito era evidente già prima del conflitto) accetti di fermarsi alle importanti conquiste già realizzate: se mai decidesse di continuare, un crollo militare completo di un’Ucraina ormai dissanguata non sarebbe purtroppo sorprendente e aprirebbe scenari di gravità inaudita.

A fronte di una situazione così grave, è quasi incredibile che la storia si stia ripetendo adesso in Israele. Chiunque abbia un minimo di conoscenza storica sa che è praticamente impossibile stroncare i movimenti di resistenza contro potenze occupanti (che sono sempre inevitabilmente mischiati alla popolazione civile) usando solamente la forza militare.

La stessa storia recente della Palestina testimonia il fatto che la violenza non fa altro che aumentare il risentimento e l’odio contro l’occupante, cronicizzando il conflitto all’infinito.

Eppure, anche stavolta l’Occidente si getta come un sol uomo a sostenere la violenza militare come unica strada possibile per risolvere i problemi che la stessa violenza ha storicamente esacerbato, senza tenere in minimo conto la realtà di una situazione che richiederebbe interventi ben più articolati e complessi di un bombardamento a tappeto su centri abitati.

La testardaggine nel voler insistere per questa strada fa ovviamente il gioco dei nemici di Israele e dell’Occidente, eppure i decisori fanno clamorosamente finta di niente e anzi con foga folle e irrazionale accusano di tradimento e connivenza con il nemico tutti coloro che banalmente cercano di riportarli con i piedi sul pianeta Terra.

Insomma: il blocco egemone (militarmente ed economicamente) del pianeta, dall’alto del suo benessere dorato, ha perso ogni contatto con la realtà. Non la conosce e soprattutto non ritiene utile conoscerla, perchè tanto non ha intenzione di realizzare alcun compromesso con essa. L’unica lingua che sa parlare è quella della forza, nonostante si accumulino incessantemente le prove di quanto tale approccio sia costoso, devastante e in ultima analisi sempre fallimentare.

Il capitalismo è quindi finito in un vicolo cieco: a forza di ripetersi che “volere è potere”, a forza di negare per decenni l’importanza del contesto, a forza di pensare che il mondo inizia e finisce nei consigli di amministrazione delle aziende, la classe dirigente e intellettuale è diventata totalmente ideologizzata. E’ abilissima nell’inventare giustificazioni e artifici retorici per continuare sulla strada dell’accumulazione indefinita di potere e denaro, ma purtroppo totalmente priva degli strumenti intellettivi e culturali per comprendere la realtà.

Inoltre, come visto sopra, è anche assolutamente incapace a imparare dai propri errori: anche perchè tanto a pagarne il prezzo non sono loro, bensì noi.

Non sarà quindi ripiegandoci nel nostro particolare che potremo scampare alle conseguenze di questa folle corsa verso l’autodistruzione. L’unica speranza per l’Occidente è trovare la forza dal basso per invertire il processo di concentrazione di potere nelle poche folli mani in cui si trova adesso. Se non ci riusciremo, con simili folli al timone, l’unico futuro possibile è purtroppo quello di un sanguinoso conflitto planetario.

* Da Alessandro Ferretti Blog

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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