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Gabriele Germani

L’egemonia USA si sviluppa in continuità con la fine del colonialismo britannico e si basa sulla costruzione di un fronte unico capitalista in perenne lotta contro ogni interferenza esterna ma anche in costante competizione interna.

Egemonia USA tra imperialismo e competizione interna

Nel corso del ‘900 abbiamo visto l’affermazione dell’egemonia statunitense sul mondo. Questo passaggio è avvenuto gradualmente e (seppur con alcuni scossoni, pacificamente con il Regno Unito).

Gli USA hanno ereditato la missione imperiale di Londra, salvandola durante due guerre mondiali dalla minaccia tedesca e durante la Guerra Fredda da quella russa (anche se in realtà gli States, avendo sviluppato la propria rete economica sui mari aveva necessità di non vedere affermarsi un polo egemonico continentale in Eurasia).

Londra rinunciò al primato mondiale a favore di New York, conservando un ruolo di enorme rilevanza nel settore assicurativo e dell’oro, i governi del Regno Unito in alcune circostanze provarono a forzare la mano, ma già dopo la II Guerra Mondiale la questione era chiusa.

Con la crisi di Suez del 1956 e la sostanziale condanna degli USA dell’intervento franco-britannico si chiude definitivamente la partita imperiale per Londra (e a poco valsero gli interventi diretti o indiretti in Africa o in alcune zone delle Americhe).

Alla fine del conflitto mondiale, Churchill provò a salvare quel che restava dell’impero e dell’egemonia inglese sul continente, aizzando la rivalità tra USA e URSS.

L’idea di fondo era quello di spingere le due super-potenze a competere tra loro, indebolendosi e potendo così dare tempo a Londra di riformarsi e magari di modernizzare il proprio impero, a quel punto comunque mutilato della penisola indiana.

I paesi capitalisti-imperialisti vivono questa doppia contraddizione: da un lato essi fanno parte di un unico fronte, poiché si oppongono a qualsiasi sommovimento nel sistema-mondo, cambiamenti non necessariamente socialisti.

Per l’ordine mondiale centro-periferia anche un regime nazionalista come quello di Saddam o Assad, o una teocrazia come quella iraniana sono problemi insanabili, perché ribaltano l’ordine delle cose stabilito dal centro, che prevede un continuo drenaggio di risorse economiche, intellettuali, umane; dall’altro sono però in competizione, per cui ad esempio Francia e Regno Unito sono state spogliate dagli USA (in quanto super-potenza) delle vecchie vestigia imperiali, se non nel ruolo di vassalli e valvassori.

Stessa cosa accade nel sistema interno. La società capitalista è una società in eterna competizione, sia tra capitale-lavoro, sia tra capitalisti (i quali nei sistemi più complessi possono anche riunirsi in cordate, organizzazioni, cartelli e competere tra loro su più piani, incluso quello politico e culturale).

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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