La disaffezione per il governatore uscente Marco Marsilio, di Fd’I, e l’astensionismo giocano un ruolo chiave nel voto del 10 marzo. Lo spopolamento dell’entroterra e lo sfruttamento della costa: due territori opposti in una sola regione. Sanità, lavoro, infrastrutture e trasporti sul tavolo dello sfidante Luciano D’Amico, candidato della coalizione di centrosinistra

È una questione di cuore. In Abruzzo la partita elettorale si gioca sull’affezione degli elettori. Da un lato, c’è la delusione riguardo al governatore uscente Marco Marsilio che non è mai riuscito a fare breccia nel cuore degli abruzzesi: pupillo di Giorgia Meloni «paracadutato da Roma» dove è rimasto a vivere con la sua famiglia trasformandosi in pendolare sull’autostrada più cara d’Italia, «in smartworking perenne» durante gli anni del Covid, come raccontano a L’Aquila, vanta di aver fatto il giro dei 305 comuni della regione ma, come gli rinfacciarono sui social accusandolo di curare solo le dinamiche del suo partito, Fd’I, ha aspettato anni prima di entrare in contatto col territorio che amministra.

Dall’altro lato, c’è l’atavica disaffezione alla politica ratificata da quel 48% di astensionismo previsto da un sondaggio commissariato dalla stessa Fd’I e che la coalizione di centrosinistra agglomeratasi attorno al docente di Economia ed ex rettore di Teramo Luciano D’Amico spera di ridurre almeno di 2 o 3 punti percentuali.

È una questione di cuore e di distanze. Per capire cosa potrebbero riservarci le urne del 10 marzo in quella che si prospetta come una battaglia campale e all’ultimo voto, bisogna partire dalle caratteristiche di un territorio perlopiù montano e protetto (una delle regioni protette più vaste d’Europa e con il più antico Parco nazionale d’Italia), con l’80% dei comuni che ha meno di 5 mila abitanti, con le aree interne in via di spopolamento come poche altre (secondo Openpolis, tra 20 anni in Abruzzo potrebbero abitare 100 mila persone in meno, sempre più anziane).

La vastissima provincia de L’Aquila che copre quasi la metà di tutta la regione, compresa la Marsica con il suo altopiano del Fucino, cuore produttivo dell’industria agroalimentare abruzzese, conta il più alto numero di comuni (108) e la densità abitativa minore (57 abitanti per kmq). Nelle altre tre province disposte verso la costa con 197 comuni in totale, la densità di popolazione cresce dai 143 abitanti per kmq di Chieti ai 255 di Pescara. A spanne però potremmo dire che ciascuna provincia conta circa 300 mila abitanti (dai 288 dell’Aquila ai 373 di Chieti).

È a L’Aquila che Marsilio ha costruito il suo quartier generale e la rete di potere maggiore, potendo contare tra l’altro sul radicamento nel capoluogo di regione dei due sottosegretari di coalizione (il leghista Luigi D’Eramo all’Agricoltura e Fausta Bergamotto di Fd’I alle Imprese) e del senatore Liris in commissione Bilancio. Oltre che, naturalmente, sul sindaco Pierluigi Biondi, un capostipite di Fd’I. Ma anche nella Marsica si contano diversi sindaci di destra. E se Teramo invece è il regno di D’Amico, nella provincia di Chieti «è un testa a testa, forse D’Amico in vantaggio», è il pronostico del capogruppo del M5S in regione Francesco Taglieri.

Sanità, scuola, ricerca, lavoro, ambiente, infrastrutture e trasporti sono i temi sul tavolo ma con priorità e peculiarità molto differenti tra l’entroterra montano e la costa adriatica. Uno sguardo d’insieme ce lo offrono Taglieri e il dem Giovanni Lolli, già presidente della giunta di centrosinistra facente funzione di Luciano D’Alfonso di cui era vice: «Ci aspettavamo che la sanità potesse migliorare, visto che non è più commissariata dal 2019 grazie al nostro lavoro e a quello della giunta precedente di Chiodi – ragiona Lolli – e invece malgrado la quantità di denaro arrivata che non si era mai vista prima, il sistema sanitario regionale ha ridotto le prestazione del 20%». C’è un problema di personale ma soprattutto di organizzazione.

Il taglio orizzontale di presidi sanitari territoriali ha penalizzato le popolazioni dell’entroterra dove i tragitti per raggiungere un ospedale possono essere lunghissimi e durante l’inverno difficilmente percorribili. «Secondo il rapporto Crea sanità, siamo passati dal 14° posto tra le regioni italiane del 2019 al 19° di oggi; se prima ci volevano sei mesi per una colonscopia, oggi ci vogliono 480 giorni.

Con un saldo della mobilità passiva di 108 milioni e con 50 milioni di euro di buco nella Asl di Chieti», riferisce Taglieri. «A L’Aquila – aggiunge Lolli – la Casa della salute che doveva portare la sanità sul territorio è stata costruita dentro l’ospedale civico, suscitando le giuste proteste dei medici che hanno occupato la sede Asl, mentre il sindaco Biondi era a Catania per la riunione dei “Patrioti in Comune”». Situazione fotocopia per le scuole, dove Marsilio si è adeguato alle direttive nazionali «tagliando 7 plessi scolastici», a discapito delle parti interne dove i bambini sono meno e costretti a viaggi estenuanti. Ecco perché, continua Lolli, «laddove c’è un fallimento di mercato, bisogna pensare a fornire gratuitamente i servizi come il Trasporto pubblico locale».

Il lavoro: «Secondo il report della Cna, alla fine del 2023 si registra la cancellazione di 2700 imprese artigianali e la perdita di 7200 posti di lavoro – afferma Taglieri – Le politiche giovanili e il progetto Gol di garanzia dell’occupabilità, poi, sono stati totalmente fallimentari: un ragazzo su otto tra i 30 e i 34 anni in Abruzzo è un lavoratore povero, guadagna meno di 9 mila euro lordi annui; se si scende con la fascia d’età sono due su otto. Morti bianche sul lavoro: +135%, siamo la terza regione a livello nazionale».

Ecco perché l’Abruzzo è tra i maggiori “esportatori” di giovani in Europa e nel mondo. Eppure, spiega Lolli, «nel Pil abruzzese l’industria contribuisce per il 29%. Automotive, farmaceutica, agroindustria sono in buona salute. Nel Fucino ci sono aziende all’avanguardia che lavorano nel rispetto dell’ambiente e che si sono guadagnate il primo posto nell’esportazione di ortaggi in Europa. Ma la vera contraddizione è che, a fronte di un buon manifatturiero, abbiamo poca ricerca, scarso rapporto tra il mondo del lavoro e le nostre università. E un sistema di gestione delle infrastrutture e servizi assolutamente inadeguato: se la Sevel, con 6 mila dipendenti, in Val di Sangro produce 1200 Ducato al giorno, per imbarcarli deve portarli fino a Salerno».

Aggiunge Taglieri: «In Val di Sangro abbiamo pure problemi seri di dissesto lungo la costa, di cui nessuno si è occupato in questi ultimi anni: i balneari sono molto arrabbiati». Infatti, malgrado sulla carta la regione dimostri una grande attenzione all’ambiente con i suoi due parchi nazionali (d’Abruzzo e Maiella) e due regionali (Gran Sasso e Velino), la costa è afflitta da reati legati alla cementificazione selvaggia, alla mala depurazione e perfino alla pesca di frodo, con 984 reati ambientali accertati nel 2022, secondo il rapporto di Legambiente Mare Monstrum 2023. Cosicché su 15 Regioni che si affacciano sul mare l’Abruzzo è al nono posto in quella classifica.

Mancano le infrastrutture, come certifica la mossa della premier Meloni che ha finto di elargire fondi (720 milioni a fronte dell’1,5 miliardi già tagliati) per il raddoppio della ferrovia Roma-Pescara, che attualmente copre 240 km in un minimo di 4 ore e mezza. I tratti finanziati fanno parte dei lotti Manoppello-Scafa e riguardano il collegamento tra Sulmona e la costa, dove da tempo si attende che la Ferrovia adriatica si trasformi a percorrenza veloce.

Ma il vero problema sarà raddoppiare i binari costruiti nell’Ottocento bucando le montagne interne: il progetto Rfi prevede infatti 70 km di nuove gallerie, per 7 miliardi di euro. Impattante, di sicuro, ma necessario. Perché l’alternativa è la gomma, sull’autostrada più cara d’Italia con i suoi 153 ponti e viadotti, di cui 15 da un anno sono sottoposti a opere di consolidamento antisismico. «Vanno poi potenziati i porti di Ortona e Vasto – aggiunge Lolli – affinché le A24-25 possano rientrare tra le opere di costruzione dei corridoi che fanno parte delle reti transeuropee dei trasporti». L’Abruzzo infatti da un paio d’anni fa parte delle regioni interessate dalle reti Ten-T, e il collegamento Tirreno-Adriatico è un prerequisito essenziale.

L’equilibrio tra la bellissima natura abruzzese e lo sviluppo è però da maneggiare con cura. E anche qui bisogna metterci il cuore, perché il futuro viaggia con le migliaia di specie animali e vegetali certificate di questa antica terra.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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