(Foto di Comune info)

Giovanni Caprio

Sui principali quotidiani italiani calano gli articoli dedicati alla crisi climatica, ma aumentano le pubblicità delle aziende inquinanti, mentre nei telegiornali serali, segnati dall’influenza del governo Meloni sulla Rai, raddoppia lo spazio per chi si oppone alla transizione ecologica. È il quadro sconfortante che emerge dal nuovo rapporto che Greenpeace Italia ha commissionato all’Osservatorio di Pavia, istituto di ricerca specializzato nell’analisi della comunicazione. Lo studio ha esaminato, nel periodo fra settembre e dicembre 2023, come la crisi climatica è stata raccontata dai cinque quotidiani nazionali più diffusi (Corriere della Sera, la Repubblica, Il Sole 24 Ore, Avvenire, La Stampa), dai telegiornali serali delle reti Rai, Mediaset e La7 e dalle 20 testate di informazione più seguite su Instagram, aggiornando il monitoraggio periodico sull’informazione dei cambiamenti climatici in Italia.

I risultati mostrano che nel terzo quadrimestre del 2023 i principali quotidiani italiani hanno pubblicato in media 2,9 articoli al giorno in cui si fa almeno un accenno alla crisi climatica, ma gli articoli realmente dedicati al problema sono meno della metà. Si tratta di una diminuzione rispetto al quadrimestre precedente, quando l’alluvione dell’Emilia-Romagna e le ondate di calore estive avevano elevato la copertura, a conferma della natura saltuaria ed emergenziale che caratterizza il racconto mediatico del riscaldamento globale. Nello stesso periodo ha invece raggiunto livelli record la dipendenza della stampa italiana dalle pubblicità delle aziende più inquinanti (compagnie del gas e del petrolio, dell’automotive, aeree e crocieristiche): con l’unica eccezione di Avvenire, negli altri quotidiani esaminati si è arrivati a una media di un’inserzione pubblicitaria al giorno. L’influenza del mondo economico emerge in modo eclatante anche dall’analisi dei soggetti che hanno più voce negli articoli sulla crisi climatica dei quotidiani: al primo posto spiccano infatti aziende ed esponenti dell’imprenditoria (31%), che staccano politici e istituzioni internazionali (11%) e nazionali (9%), e persino tecnici e scienziati (11%), nonostante nel periodo in esame l’evento più seguito dai media sia stato il vertice ONU sul clima di Dubai (COP28), in cui le voci di politici e scienziati avrebbero dovuto prevalere.

Sui telegiornali colpisce sia il fatto che in quattro mesi di trasmissioni nessun telegiornale abbia mai indicato un solo responsabile della crisi climatica, sia l’aumento delle narrative di resistenza alla transizione energetica, che raddoppiano rispetto al precedente periodo di analisi, passando dal 9,7% al 18,4%. Un sintomo dell’influenza della politica e del controllo del governo Meloni sulla Rai, come si evince dal sensibile calo di attenzione della rete pubblica nei confronti della crisi climatica. Il TG5 e Studio Aperto diventano infatti i telegiornali che hanno dato più spazio al riscaldamento del pianeta, con il 2,5% e il 2,4% sul totale delle notizie trasmesse, mentre per la prima volta il TG1 scivola all’ultimo posto della classifica insieme al TG4 e al TG La7, con appena l’1,8%.

In base ai risultati dello studio, Greenpeace ha aggiornato la classifica dei principali quotidiani italiani: ancora una volta raggiunge la sufficienza soltanto Avvenire (con 6 punti su 10), migliora La Stampa (3,6 punti), mentre sprofondano le tre principali testate italiane: Il Sole 24 Ore (3,2 punti), Repubblica (3,0) e Corriere (2,4). I giornali sono stati valutati mediante cinque parametri: 1) quanto parlano della crisi climatica; 2) se citano i combustibili fossili tra le cause; 3) quanta voce hanno le aziende inquinanti ; 4) quanto spazio è concesso alle loro pubblicità; 5) se le redazioni sono trasparenti rispetto ai finanziamenti ricevuti dalle aziende inquinanti.

Per quanto riguarda infine le testate d’informazione più diffuse su Instagram, canale di riferimento per i più giovani, le notizie sulla crisi climatica scendono dal 4,1% al 2,6% sul totale dei post pubblicati. Hanno trovato più spazio gli aspetti politici (29%) e sociali (27%) rispetto a quelli ambientali (22%) ed economici (9%). Tra i soggetti citati o intervistati prevalgono gli esperti scientifici e le associazioni ambientaliste (17% ciascuno), che superano aziende ed esponenti dell’imprenditoria (13%) Hanno dedicato più attenzione alla crisi climatica tpi (9% sul totale dei post pubblicati), torcha (8%) e factanza (7,5%), mentre chiudono la classifica larepubblica (0,8%) e laveritaweb (0,8%).

Qui per scaricare tutti i dati: https://www.greenpeace.org/italy/rapporto/18499/media-e-crisi-climatica-ilmonitoraggio-periodico-di-greenpeace-su-quotidiani-tg-e-pagine-instagram/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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