2. La sinistra degli sdentati
Prima di rispondere a queste domande, è però necessario formulare in maniera chiara una definizione dell’essere di sinistra. Nell’ultimo mezzo secolo ne sono state proposte molte, sempre più sottili, mirate e selettive, e a volte, diciamolo pure, poco comprensibili. Sarebbe tanto arduo quanto inutile tentare di farne una rassegna esaustiva. Ci limiteremo quindi a enunciare il criterio più elementare possibile, un criterio che sia ben visibile e facilmente comprensibile da chiunque. Muovendo dal presupposto formulato da Bobbio nel saggio appena citato, e cioè che la sinistra si connota per la sua tendenza all’egualitarismo, diremo che a caratterizzare la sinistra è la richiesta di una maggiore giustizia sociale.
Beninteso, la sinistra è anche altre cose, come ampliamento dei diritti dei singoli e tutela delle minoranze, tolleranza e rispetto per le diversità, apertura mentale verso le novità e il progresso (non più inteso come mero sviluppo industriale, ma verso uno sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente, che non finisca per generare altre ingiustizie su scala planetaria), ecc.[1] Solo che mentre una o più di queste caratteristiche citate possono o dovrebbero anche essere proprie di una destra illuminata, l’aspirazione a una maggiore giustizia sociale è dirimente dell’essere di sinistra. E se viene da destra, vuol dire che stiamo parlando di una destra tanto illuminata da poterla considerare sinistra.
Non faremo alcun riferimento al marxismo, con la quale è stata perlopiù identificata per quasi tutto il Novecento. Mettiamo da parte l’utopia. Non diremo niente di nuovo affermando che il comunismo andrebbe più propriamente collocato nell’alveo delle grandi religioni, più che in quello delle ideologie politiche, almeno se con tale definizione vogliamo intendere non soltanto un’idea di società, ma anche un’idea di società concretamente realizzabile. «A ciascuno secondo i suoi bisogni, da ciascuno secondo le sue possibilità» rimanda al comandamento cristiano «ama il prossimo tuo come te stesso», dal cui medesimo humus peraltro trae origine. Tuttavia, consapevole di come sia difficile non solo amare il prossimo come sé stessi, ma di amarlo anche solo un pochino, o a volte anche solo di non odiarlo, la religione ha potuto rendere il comandamento più conciliabile con la natura umana rinviandone la soluzione ultima alla dimensione ultraterrena. Cosa che, presentandosi come ideologia, il comunismo non ha potuto fare. Senonché, obbligare per legge gli uomini ad amare il prossimo come sé stessi ha avuto un costo umano troppo alto, come abbiamo visto in più e più occasioni nel corso del secolo passato, finendo peraltro per ottenere i risultati opposti a quelli desiderati. Nei paesi dell’Europa dell’Est, per fare l’esempio più vicino a noi, le generazioni educate nel comunismo hanno prodotto società nelle quali oggi dominano il consumismo, il nazionalismo e il conservatorismo più bigotto.
Ancor più eloquente è l’esempio della Cina. Il paese è passato in un paio di decenni da un’economia pianificata a un’economia ultraliberista. Per conservare il potere, tuttavia, l’oligarchia dominante ha mantenuto le basi ideologiche comuniste. Operazione resa possibile proprio dalla natura religiosa di tali basi che ben si sposano con la cultura confuciana. Oggi una buona parte dei componenti dell’Assemblea del Popolo è composta da milionari,[2] mentre i lavoratori migranti che non possiedono letteralmente nulla sono ancora centinaia di milioni.
Eppure, nonostante la forbice sociale si vada allargando a dismisura, l’obiettivo rimane il futuro avvento del comunismo, seppur rinviato a quando si raggiungerà la condizione di cosiddetta post-scarsità (post-scarcity), quando cioè si potrà produrre in abbondanza a poco prezzo o addirittura a costo zero e tutti saranno uguali nella ricchezza. Tutti potranno permettersi una Ferrari, insomma, o giù di lì. Una professione di fede, per l’appunto, intanto che l’individualismo sfrenato crea diseguaglianze colossali trasformando il paese in una specie di giungla.
Mettendo dunque da parte l’utopia, un’idea di sinistra che agli inizi del terzo millennio voglia essere improntata a obiettivi realisticamente raggiungibili si basa su un semplice principio dal quale discendono a cascata tutti gli altri: combattere contro le diseguaglianze sociali.[3] Il che avviene su due fronti: assicurare condizioni di partenza che siano il più possibile uguali e correggere le storture che le dinamiche economiche inevitabilmente determinano. Non dobbiamo inventarci nulla. Non serve una rivoluzione o il rovesciamento del sistema. Sia il primo[4] che il secondo[5] punto sono già ben evidenziati nella nostra Costituzione.
Se un governo riduce povertà e ingiustizie sociali, dunque, fa politiche di sinistra; se ingiustizie sociali e povertà aumentano, fa politiche di destra. È un criterio semplicissimo, ben al di qua di ogni speculazione filosofica. Oltre che difficilmente contestabile, in quanto si basa su dati misurabili, e non sulle affermazioni dei leader, che, come risaputo da che mondo è mondo, hanno sempre operato nell’interesse del popolo e non hanno mai lasciato nessuno indietro.[6] Sarà pure vero, come da più parti sostenuto, che esistano molte destre e molte sinistre, essendo spesso l’appartenenza a una delle due parti mitigata o contaminata da idee riconducibili all’altra parte, tuttavia, quello appena enunciato può essere indicato come criterio oggettivo e, per così dire, trainante.
Tale criterio vale oggi, come valeva ieri e come probabilmente varrà ancora a lungo. Non c’entra niente dire che il mondo è cambiato, sono finite le divisioni ideologiche, domani sarà ancora diverso, ecc. Una società nella quale le sperequazioni e le ingiustizie diminuiscano in luogo di aumentare è un’aspirazione che può essere perseguita al tempo delle divisioni ideologiche, nel mondo post-ideologico e in qualunque altro mondo verrà dopo.
Una forza di sinistra ha il suo tratto distintivo proprio in questa aspirazione. Quanto poi l’abbia saputo tradurre in azione politica, lo si vede nel momento in cui è chiamata a governare. A quel punto si danno due possibilità: la forbice sociale si restringe e il lavoro è più tutelato, e ciò vuol dire che ha operato in coerenza coi propri principi, che ha lasciato cioè meno povertà, meno ingiustizia e meno sfruttamento di quanti ne aveva trovati;[7] la forbice sociale aumenta e il lavoro è meno tutelato, e allora vuol dire che solo sulla carta era di sinistra, mentre in realtà era di destra o comunque ha fatto le stesse cose che avrebbe fatto la destra.
Negli ultimi quindici anni la povertà assoluta nel nostro paese è costantemente aumentata, passando dal 3,4% del 2005 al 9,4% del 2020.[8] Poiché in questo arco di tempo il Partito Democratico è stato al governo per circa undici anni, il risultato che se ne può trarre è assai semplice: non solo non ha difeso i ceti meno abbienti, ma ha addirittura contribuito a peggiorare le loro condizioni. Né possiamo attribuire tali risultati a incapacità, non possiamo cioè dire che ci abbia provato e non ci sia riuscito. Per quanto non annoveri statisti che passeranno alla storia, ha potuto comunque avvalersi della consulenza di tanti esperti, e va pure detto che il passaggio dal 2005 al 2020 non è avvenuto in un balzo, ma anno dopo anno, con tutti gli indicatori che mostravano chiaramente gli effetti delle politiche attuate. Insomma, non era difficile rendersi conto di dove si stava andando e provare a invertire o almeno a correggere la rotta.
Ci fu un tempo in cui la sinistra si trovò in mezzo al guado. E bene avrebbe fatto a rimanerci, si potrebbe dire col senno del poi. Stare in mezzo al guado, infatti, aveva il doppio vantaggio di poggiare comunque su una base solida e di rimanere visibili. Perché quello che allora non sapevamo e non potevamo prevedere era che inoltrandosi nel guado, si sprofondava e delle idee di sinistra si sarebbero perse le tracce.
Nel suo libro Marco Revelli cita un giornalista di Liberation: «Quando […] Laurent Joffrin tentò un primo bilancio del mitterandismo scoprì che la sinistra non aveva resistito alla prova del potere; che laddove avrebbe dovuto rompere con il capitalismo, aveva invece rotto con il socialismo».[9] «Fu il New Labour di Tony Blair, per intenderci», dice Zygmunt Bauman in un’intervista del 2008[10], «a munire di fondamenta istituzionali le idee e i progetti ancora informi di Margaret Thatcher […] così come la sua dottrina di individualismo, privatizzazione e deregulation rampante. E fu il Partito Socialista francese a favorire più di chiunque altro lo smantellamento dello stato sociale in Francia».
Qualcuno insiste ancor oggi nel parlare di terza via, riferendosi allo stesso Blair e a Clinton, volendo con tale espressione intendere una sorta di via di mezzo tra neoliberismo e socialdemocrazia, ma, a ragion veduta, sembra piuttosto la prima via camuffata, e neanche in maniera tanto accurata da non essere facilmente riconoscibile.
In Italia, man mano che il PCI si avvicinava alla gestione del potere, prima a livello locale e poi a livello nazionale, abbiamo capito che la cosiddetta superiorità morale andava intesa non come una diversità antropologica, ma piuttosto come diversità in un preciso contesto storico rispetto agli altri partiti, che gestendo il potere in maniera continuativa per decenni avevano inevitabilmente creato una vasta rete di clientele e relazioni opache. L’alternanza non ha riportato l’asticella dell’etica pubblica verso l’alto, ma piuttosto ha portato la sinistra ad adattarsi al sistema esistente. Quello che Luciano Canfora indica come «il rischio che l’espressione “sinistra di governo” significhi ormai soltanto “che occupa dei posti nel governo”»[11] è, in effetti, la pura e semplice realtà.
Ma non solo il contrasto alla povertà non è stato tra le priorità del principale partito della sinistra, ciò che ancor più si percepisce è il suo crescente distacco verso il mondo del lavoro e delle classi sociali più basse.
Nel settembre del 2023 è scomparso l’ex presidente della Repubblica. Un ex dirigente del Pci ha dichiarato: «Napolitano come Berlinguer, simbolo della sinistra italiana». Di primo acchito, viene da pensare: «l’ha sparata grossa». Ma se poi ci si riflette, si capisce che ha detto il vero. Bisogna solo saper leggere la dichiarazione. Simboli della sinistra, sì, ma di due sinistre distanti anni luce. Basta confrontare i funerali di Berlinguer con quelli di Napolitano, se anche il solo confronto fosse possibile, per avere un’idea dell’abisso che li separa. Tre cortei con un milione e mezzo di persone allora; qualche decina di passanti distratti oggi.
Lo stesso abisso che separa le due sinistre, che sembra andare oltre la mancata rappresentanza delle istanze del mondo operaio e delle fasce più deboli, e che rinvia piuttosto a un’estraneità di fondo verso quel mondo. Come se quelli che dovessero rappresentare i meno abbienti, dei meno abbienti non solo non conoscessero niente, ma lasciassero trasparire pure una sorta di repulsione nei loro confronti.
Nel libro della sua ex compagna è scritto che l’ex presidente francese Hollande (tra i pochi leader presenti alle esequie di Napolitano) tra le mura domestiche si riferiva ai poveri con il termine sans-dents (sdentati).[12] Hollande è stato per molti anni tra i leader del Partito Socialista prima di diventare presidente della Repubblica. L’aneddoto può essere falso e ascrivibile alla non sempre elegante, benché normale dialettica tra ex; ciò di cui non si può dubitare è la sua verosimiglianza. Nessuno resterebbe sorpreso se l’ex presidente usasse proprio questa parola per indicare i poveri. Anzi, sembrerebbe una cosa del tutto normale, perché questa è la sensazione che trasmette, sembra proprio che, come altri esponenti del suo partito e del suo equivalente in Italia, non riesca a celare il disprezzo verso i poveri.
[1] Per una dettagliata analisi dei concetti di destra e sinistra si veda il libro “Perché ancora destra e sinistra” di Carlo Galli.
[2] Situazione del resto simile a quella degli USA, dove il Congresso è sempre più simile a un club di milionari.
https://www.opensecrets.org/news/2020/04/majority-of-lawmakers-millionaires/ (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
[3] Perché combattere contro le diseguaglianze sociali significa combattere contro lo sfruttamento, contro le ingiustizie, contro ogni forma di oppressione, contro le discriminazioni, ecc.
[4] Artt. 3 e 34.
[5] Artt. 2, 31, 32, 34, 41 e 42.
[6] A volerlo indagare, questo sarebbe il più grande mistero della storia, perché anno dopo anno molti rimangono indietro e (a meno che non siano ritardatari cronici, refrattari a ogni sollecitazione) non si capisce chi li abbia lasciati indietro. Probabilmente si potrebbe risalire fino a Cavour senza trovare il responsabile. Qui di seguito l’elenco degli ultimi cinque PdC che non hanno lasciato indietro nessuno:
https://www.rainews.it/articoli/2022/12/autonomia-meloni-alle-regioni-non-sar-mai-un-pretesto-per-lasciare-indietro-qualcun-d125e67e-42ec-42b4-9638-53ce92d3623e.html (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
https://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2021/05/20/sostegni-bisdraghi-nessuno-sara-lasciato-indietro_069d7c67-78ad-4496-bba3-08275104e15d.html (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
https://www.youtube.com/watch?v=pOMzq9t7KsU (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
https://italiaue.esteri.it/it/news/dalla_rappresentanza/2017/03/intervento-del-presidente-del-consiglio_0/ (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
https://tg.la7.it/politica/renzi-abbiamo-chiare-le-priorit%C3%A0-dellitalia-non-accetteremo-lezioni-da-nessuno-26-08-2014-86751 (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
[7] https://it.wikipedia.org/wiki/Jos%C3%A9_Mujica#Politica_nazionale (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
[8] “La povertà assoluta non è «balzata» ai livelli del 2005: è ancora più alta”, del 13 luglio 2021
[9] Marco Revelli, Sinistra destra.
[10] “Quella sinistra che non sa più proteggere”, Zygmunt Bauman intervistato da Elisabetta Ambrosi, 27 Maggio 2008
https://www.resetdoc.org/story/the-left-that-is-no-longer-capable-of-providing-protection/it/ (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).
[11] Luciano Canfora, La democrazia dei signori.
[12] https://www.lefigaro.fr/politique/le-scan/citations/2014/09/04/25002-20140904ARTFIG00062-les-sans-dents-l-expression-de-francois-hollande-qui-choque-le-monde-politique.php (consultato l’ultima volta il 30/11/2023).