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Fabrizio Russo

La politica monetaria rimane eccezionalmente accomodante, considerato che ci troviamo di fronte ad uno dei cicli di ribasso dei tassi più rapidi mai storicamente registrati. È probabile che rimanga elevata la pressione sulle attese di un rialzo dei tassi mentre la Federal Reserve allenta “con riluttanza” il suo pivot di dicembre, con i fondi federali e le curve dei futures SOFR che continuano a inasprirsi.

Un famoso esperimento, effettuato in passato, chiede ai volontari di guardare un video di una partita di basket e di contare i passaggi. Durante l’esperimento, a metà del film, un gorilla attraversa l’azione. Quasi nessuno se ne accorge, tanto sono concentrati sul gioco. Mentre contiamo i punti e analizziamo il linguaggio della riunione della Fed di questa settimana, è facile non notare il fatto che la politica monetaria rimane, nel complesso, molto accomodante nonostante oltre 500 punti base di rialzi dei tassi: Il gorilla è passato in gran parte inosservato!

Ora, la Fed ha mantenuto i tassi stabili al 5,5%, come previsto, e ha continuato a prevedere tre tagli dei tassi per quest’anno. Ma facendo un passo indietro e osservando, da una prospettiva più ampia, la totalità della politica monetaria in questo ciclo, possiamo vedere che – lungi dall’essere un inasprimento delle condizioni – abbiamo invece assistito a uno dei maggiori allentamenti mai sperimentati da decenni:

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

Il grafico seguente mostra il tasso effettivo della Fed: il tasso di politica monetaria (Fed Funds) sommato alla sua variazione attesa per il prossimo anno ed alla variazione annuale dell’indice delle condizioni finanziarie di Goldman Sachs. Quest’ultimo è un indice calibrato per convertire il movimento delle azioni, la volatilità delle azioni, gli spread creditizi ed altre analoghe variabili in una variazione equivalente del tasso di riferimento (Fed Funds) della Fed.

Come possiamo vedere, negli ultimi tre precedenti cicli di rialzo dei tassi questo “tasso effettivo” è cresciuto (virando, quindi, in senso restrittivo). Questa volta il tasso è invece diminuito! Non solo: lo ha fatto più di quanto non lo abbia fatto negli ultimi 30 anni!

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

E’ in questo contesto che la svolta della Fed risulta, a dicembre, ancora più inspiegabile…. Se non con un movente “politico”. In quel momento era ormai particolarmente chiaro che una recessione negli Stati Uniti non era imminente ….. eppure Jay Powell non ha negato con forza la prospettiva di oltre sei tagli previsti per il 2024 dal mercato (implicitamente) anche se sarebbe stata cosa assai facile per lui!

Da quel momento i dati sull’inflazione e sulla crescita sono andati ben oltre le attese e, nonostante ciò, la Fed potrebbe comunque tagliare i tassi …. anche se ci fosse solo una vaga possibilità per farlo ….. Cosa che, probabilmente, si rivelerebbe essere un errore fatale!

In genere il tasso effettivo inizia a scendere prima che la Fed effettui il primo taglio e continua a scendere dopo che il taglio è avvenuto. Questa volta, però, il calo del tasso effettivo è già considerevole e più consistente e ripido del normale. Usando un esempio per analogia: la Fed potrebbe riempire la zuppiera del punch con più alcool proprio quando il pubblico alla festa è, già da tempo, abbastanza alticcio.

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

La presenza dell’’elefante nella stanza è indicata da diversi indizi: in primis, l’inflazione è diminuita ma lo ha fatto in gran parte “nonostante” le azioni della banca centrale e non “grazie ad esse”.

La Fed di San Francisco suddivide l’inflazione PCE “core” in una componente ciclica ed una aciclica. L’inflazione ciclica è costituita dalle sub-componenti del PCE Price Index più sensibili ai tassi di interesse gestiti dalla Fed, mentre l’inflazione aciclica è costituita da ciò che rimane, ovvero l’inflazione che è maggiormente influenzata da fattori non sotto il controllo della Fed.

Ora, mentre l’inflazione aciclica è tornata intorno alla media pre-pandemia, la PCE ciclica rimane ai livelli massimi degli ultimi 40 anni. Il “Mago” della Fed ha azionato le leve per alzare i tassi, ma è riuscito a fare ben poco per reprimere quella parte dell’inflazione che teoricamente dovrebbe essere sotto il suo controllo.

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

Il quadro peggiora ulteriormente se teniamo conto anche degli oneri finanziari: i costi dei mutui furono esclusi dal CPI nel 1983 e le rate dell’auto nel 1998. In un recente articolo del NBER – di Larry Summers et alii – gli autori ricostruiscono il CPI in modo tale da tenere conto dei costi collegati ai prestiti immobiliari.

L’inflazione misurata in questo modo non solo mostra di aver toccato un picco molto più alto di quello visto negli anni ’70, ma è ancora su livelli intorno all’8%. Ancora una volta, la domanda che aleggia è: …”ma la Fed sta veramente valutando la possibilità di tagliare i tassi”?

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

Fonte: documento di lavoro NBER 32163

(Il punto principale è che la ragione per cui gli indici di fiducia dei consumatori sono rimasti depressi, nonostante il calo dell’inflazione, è che subiscono l’effetto dei maggiori oneri finanziari.)

Se la politica monetaria funzionasse come previsto, dovremmo vedere un certo – comunque maggiore dell’attuale – rallentamento nell’economia. Questo però non è avvenuto! L’indice della capacità lavorativa inutilizzata – composto da tasso di disoccupazione e produttività – è diminuito solo marginalmente e rimane intorno ai massimi degli ultimi 50 anni,

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

Altri indicatori di capacità produttiva inutilizzata, tra cui l’utilizzo della capacità produttiva letta insieme al dato delle opportunità di lavoro in percentuale dei disoccupati, sono ancora in prossimità dei massimi o rimangono su livelli storicamente molto elevati: un contesto in cui un taglio della Fed sarebbe (ancora una volta) decisamente imprudente.

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

Perché non abbiamo assistito a un aumento maggiore della disoccupazione o a un calo delle opportunità di lavoro nonostante il ripido ciclo di rialzi dei tassi? Beh, per farla breve: i massicci deficit pubblici hanno consentito l’accumulo di posti di lavoro.

L’equazione di Kalecki-Levy prende in esame il legame tra profitti aziendali e risparmi del settore privato ed estero. In sintesi: più le famiglie risparmiano ed il settore pubblico spende, come accaduto durante la Pandemia, più alti sono i margini di profitto.

Durante questo ciclo, è stato il settore pubblico che ha consentito alle corporation di aumentare, in media e nel complesso, i profitti e, sfruttando il loro potere di imporre i prezzi sul mercato durante la straordinaria ripresa economica osservata dopo la pandemia, di espandere i loro margini di profitto.

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

È per questo medesimo motivo che la crescita dell’EPS ha ripreso vigore. (Anche i buyback svolgono un ruolo in questo caso, ma tendono anch’essi a verificarsi quando i profitti delle aziende crescono, il che è molto più facile quando il governo spende come un “marinaio ubriaco”.) Come mostra il grafico seguente, esiste una forte relazione tra EPS e opportunità di lavoro, in un contesto in cui, appunto, l’EPS è tornato crescere,

L’elefante neoliberista nella stanza dei bottoni della FED

In una simile situazione, non c’è da stupirsi che il calo dell’inflazione sia dovuto a fattori esterni non sotto l’influenza diretta della Fed: in particolare la “glaciale” ripresa della Cina. Tutto ciò lascia però i mercati in una posizione sempre più precaria.

Probabilmente l’andamento dell’inflazione ha indotto la Fed a una falsa partenza quando ha eseguito la sua “piroetta politica” a dicembre. Il punto è che, come era chiaro allora ed è chiaro adesso, il film del CPI non è ancora finito. Inoltre, qualsiasi recessione che la Fed avrebbe voluto aggirare continua e continuerà a restare latente, ma potenzialmente ben presente, almeno per i prossimi 3-6 mesi.

Eppure, la FED potrebbe ancora tagliare i tassi, anche con un pretesto, visto che era dato per sicuro che lo scorso anno lo avrebbe potuto (dovuto? Per alcuni si …) farlo. Questo accentuerà ancora di più i rischi che insidiano il mercato azionario e gli altri rischi che minacciano gli altri asset in fase di bolla …… in un momento in cui abbiamo già il bitcoin che ha toccato nuovi massimi.

Se gli elefanti che volano sono effettivamente una cosa molto strana, il taglio dei tassi da parte della Fed prima dell’ultimo trimestre di quest’anno sarebbe un fatto ancora più strano. Prima di allora è, però, probabile che i mercati cercheranno di imporre nuovamente una certa sobrietà, almeno rivedendo (o cancellando) il numero di tagli dei tassi previsti. Questo a meno che non sopraggiunga, “motu proprio”, un evento deflattivo – crisi bancaria, forte storno dei mercati, specie l’azionario – che risolva la questione, aprendo la strada, in modo “motivato”, alla diminuzione dei tassi ufficiali prima dell’ultimo trimestre 2024. Un epilogo di questo genere non è assolutamente da escludere .…… anzi appare sempre più il finale di partita più probabile!! Con buona pace dei neoliberisti – o, meglio, phony-capitalisti – che vorrebbero ottenere la stabilità creando di fatto, od accentuando, ulteriori distorsioni del quadro economico complessivo

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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