La scorsa settimana il Parlamento europeo ha approvato in via definitiva con 445 voti a favore, 142 contrari e 39 astensioni, l’accordo interistituzionale sull’istituzione di uno spazio europeo dei dati sanitari. Si tratta di uno spazio che permetterà ai pazienti di accedere alle loro cartelle cliniche elettroniche contenenti resoconti sui pazienti, prescrizioni elettroniche, immagini mediche e risultati di laboratorio: da un lato, questo sistema permetterà ai pazienti di accedere ai loro dati sanitari in formato elettronico anche da uno Stato membro diverso da quello in cui vivono e, dall’altro, consentirà agli operatori sanitari di consultare i fascicoli dei loro pazienti con il loro consenso, anche da altri Paesi dell’UE. Il regolamento europeo garantirebbe il trasferimento sicuro dei dati alle strutture e agli operatori sanitari di altri Stati UE attraverso la piattaforma MyHealth@EU e la possibilità di scaricare gratuitamente la propria cartella sanitaria. Se da una parte, l’approvazione del nuovo strumento sanitario elettronico agevola la possibilità di consultare velocemente i propri dati e di essere quindi assistiti adeguatamente in ogni Paese dell’Unione, dall’altra, è una parte fondamentale di quel più ampio progetto di digitalizzazione totale della vita, della società e dell’uomo che ha visto la sua inaugurazione con la tecnologia del Qr code del green pass e che costituisce un caposaldo del “mondo nuovo” propugnato dagli ambienti tecno-finanziari del World Economic Forum di Davos (WEF). Un progetto che, oltre ai vantaggi di comodità e di efficienza sul piano pratico, comporta anche un potenziale controllo ineludibile dei cittadini da parte delle istituzioni, con il rischio di restare esclusi dai principali servizi se non ci si dota di tali strumenti.

Secondo il Parlamento europeo, i dati dei fascicoli elettronici – tra cui cartelle cliniche, sperimentazioni cliniche, agenti patogeni, indicazioni e rimborsi sulla sanità, dati genetici, informazioni sui registri sanitari, dati relativi al benessere e informazioni sulle risorse sanitarie, spese e finanziamenti – potranno essere utilizzati in modo anonimo per la ricerca, le statistiche e l’elaborazione delle politiche (il cosiddetto uso secondario). L’uso secondario dei dati non sarà consentito, invece, per scopi commerciali, tra cui la pubblicità, la valutazione delle richieste di assicurazione o delle condizioni di prestito o l’assunzione di decisioni sul mercato del lavoro. Sulla carta, le persone avranno la possibilità di stabilire come i loro dati vengono utilizzati e consultati, rifiutando, ad esempio, l’accesso ai propri dati sanitari da parte dei professionisti o a fini di ricerca, “ad eccezione di determinati scopi di interesse pubblico, politici o statistici”, si legge sul sito del Parlamento europeo. Sebbene sia garantita la tutela della privacy, nessun sistema digitale è esente dal rischio di possibili accessi indesiderati ai sistemi che gestiscono i dati, con la possibilità concreta di un loro furto, o da un uso non ortodosso degli stessi.

La nuova cartella clinica elettronica rappresenta un ulteriore tassello nella realizzazione del cosiddetto portafoglio europeo di identità digitale a cui ha lavorato alacremente la Commissione europea per plasmare il futuro digitale dell’Europa integrando i diversi sistemi di identità digitali e portafogli elettronici nazionali, come l’It-Wallet in Italia. L’obiettivo dichiarato è quello di semplificare il rapporto dei cittadini con la Pubblica amministrazione, seguendo il principio dell’“interoperabilità”, annunciato dall’ex ministro dell’Innovazione tecnologica e della Transizione digitale, Vittorio Colao, nel 2022. Oltre a tutti i documenti relativi a una persona, quali Spid (Sistema pubblico di Identità digitale) carta d’identità, tessera sanitaria, tessera della disabilità, patente di guida, tessera elettorale, dunque, nel portafoglio elettronico potrà essere aggiunto anche la cartella clinica digitale. Si tratta quindi di uno strumento in cui confluiranno tutti i dati di un individuo e che potrà essere reso obbligatorio non de iure, ma de facto, in quanto senza di esso si potrebbe essere esclusi da un’ampia fetta di servizi, esattamente come avvenuto per il “green pass”. Cosa che rende la natura stessa dello strumento “escludente” come ha sottolineato inaspettatamente un rapporto dello stesso WEF intitolato Reimagining Digital ID: «Quando l’accesso a un bene o servizio è condizionato al possesso di un documento d’identità, e tale documento d’identità è diffuso, gli individui possono essere effettivamente costretti a ottenere quel documento d’identità, anche se non vi è alcuna base giuridica per richiederlo», si legge. Oltre alla natura escludente, vi è anche quella potenzialmente coercitiva, dovuta al fatto che chi non è in regola, ad esempio, con eventuali trattamenti sanitari obbligatori o chi dissente sulle più disparate questioni politiche e sociali (si vedano le attuali manifestazioni sempre più partecipate sulla questione palestinese) potrebbe essere escluso dall’accesso al suo portafoglio elettronico con un istantaneo “click”, mentre tutte le operazioni e tutti i dati saranno tracciabili in qualunque momento. Una serie di rischi a cui si aggiunge quello del denaro elettronico rappresentato dalle valute digitali delle banche centrali (Central Bank Digital Currency – CBDC) che si vorrebbero subordinare al possesso dell’identità digitale.

La cartella clinica elettronica condivisa va nella direzione del Green pass globale ideato dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) e dall’UE che prevede, tra le altre cose, anche l’evoluzione della piattaforma di verifica del green pass usato durante la pandemia da Covid-19, secondo le linee guida dell’OMS. Sembrerebbe così realizzarsi la “profezia” dell’ex primo ministro italiano, Mario Draghi, secondo cui ciò che era emergenziale sarebbe diventato ordinario, dando luogo così ad un sempre maggiore controllo tecnocratico degli individui e della società.

[di Giorgia Audiello]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.
Attenzione: alcune funzionalità di questa pagina potrebbero essere bloccate a seguito delle tue scelte privacy