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La rinascita di “destra e sinistra” non può partire dalla politica: è necessario innanzitutto ricostruire la polis, creando aggregazioni sociali che si identifichino in gerarchie di valori condivisi e autonomi.
Ricostruire l’idea di destra e sinistra. La scomparsa delle identità politiche tradizionali
Partiamo da un assunto: oggi, nell’Occidente a guida angloamericano, destra e sinistra sono dissolte nel brodo neoliberista. Tuttavia, ciò non elimina il bisogno di una pluralità di destre e sinistre. La democrazia si nutre di pluralismo politico, che richiede separazione all’interno di una pluralità dialogante, accogliente delle differenze, non un conformista multiculturalismo globale.
In Italia la questione è palese con il fenomeno Giorgia Meloni: per un elettore che si ritiene di destra, andrebbe criticata per il suo smaccato filoamericanismo, come d’altronde la speculare e opposta Elly Schlein. Meloni appare come una finta conservatrice, nazionalista, cattolica, fascista. Ma il compito di immaginare una vera destra non ci spetta. E nemmeno ci interessa. Se gli italiani di destra accettano Meloni come fecero con Berlusconi, è una loro scelta. O un loro problema.
Più complicato parlare di una sinistra che non semplicemente antimeloniana o antifascista. Una sinistra limitata all’essere “anti” diventa una semplice emanazione dell’impero delle multinazionali, dove l’unico valore è il successo materiale e individuale.
Ma questo valore dominante può essere rifiutato, anche a rischio di diventare irrilevanti. Oppure, più probabilmente, si rischia di essere condotti alla rassegnazione. Chi cerca di opporre un modello alternativo viene etichettato come statalista dalla destra e razzista dalla sinistra, e da tutti, come “putinista” (con la variabile ‘antisemita’).
Propaganda e irrilevanza
Lo scoraggiamento è comprensibile, accompagnato dall’idea della propria irrilevanza, che tutto sia immutabile, alimentato da un sistema di propaganda sempre più pervasivo e capillare. E questo si manifesta nei processi elettorali, che vedono il nostro paese in vetta alle classifiche di mancata partecipazione, con percentuali sull’astensionismo costantemente oltre il 40%. Un dato che falsa qualsiasi riflessione sul voto democratico.
Tuttavia, un ribellismo ingenuo o violento non è la soluzione, poiché frammenta la società, deregolamenta ulteriormente e cancella le istituzioni che hanno arginato l’individualismo per millenni.
In questo contesto è evidente che non sia ancora tempo per la politica. A cosa serve parlare di alleanze, nomi e strategie se manca completamente un popolo di riferimento? Prima occorre ricostruire la “polis”, con aggregazioni sociali che condividano valori autonomi.
Questi valori devono essere condivisi, non “universal” come sostengono i liberisti di destra, né “umani” come quelli di sinistra, entrambi modi per eludere le responsabilità del bene comune.
Bisognerebbe discutere di questo, distaccandosi dall’ambiente dei social, ormai omogeneo al sistema neoliberista. È tempo di tornare a parlare di valori, principi, obiettivi e strategie, senza pensare di essere ‘passatisti’ o conservatori. E soprattutto senza aspettarsi risultati immediati, ma affrontando con pazienza le difficoltà e resistendo alla diabolica fretta liberista