I germogli del cambiamento di regime

In quasi tutti i casi di cambiamento di regime forzato e pilotato dall’Occidente in Medio Oriente o in Ucraina, il processo è iniziato con proteste pubbliche a basso livello contro un abuso di potere reale o immaginario da parte delle forze di sicurezza. La situazione attuale del Marocco sembra seguire lo stesso schema. L’uccisione di Mouhcine Fikri, un pescatore schiacciato da un autocarro mentre tentava di recuperare i pesci confiscatigli dalla polizia nell’ottobre del 2016, aveva scatenato parecchie ondate di disordini e disobbedienza civile, inizialmente nella città di Al-Hoseyma, diffusesi successivamente in altre parti della regione del Rif.

Queste proteste hanno prodotto rapidamente un leader non ufficiale, Nasser Zefzafi, un disoccupato 39enne con una notevole capacità retorica e un tocco populista. Le richieste di Zefzafi sono andate rapidamente oltre il primo caso della morte di Fikri e hanno iniziato a criticare la corruzione, le repressioni, l’assenza di investimenti e sovvenzioni nella regione del Rif, l’ingombrante presenza delle forze di sicurezza, e anche gli aiuti stranieri del Marocco ai paesi africani e le rivendicazioni di Re Muhammad VI come suprema autorità spirituale.

Zefzafi, inoltre, chiede di avviare negoziati con il Re in persona piuttosto che con i suoi rappresentanti, una richiesta che era destinata a essere respinta a causa della sua natura senza precedenti. È interessante notare che Zefzafi ha accusato il Re di aver partecipato, assieme agli stati del Golfo Persico, ad un piano per stanziare Arabi in Marocco, rimpiazzando così i nativi berberi.

Contenere la crisi

Il governo del Marocco ha risposto inviando una delegazione con la promessa dello stanziamento di 1 miliardo di euro nel corso di cinque anni, ha accusato i manifestanti di separatismo e, il 29 maggio, ha arrestato Zefzafi e altri leader della protesta, che ora sono accusati di promozione del separatismo, incoraggiamento alla ribellione, ottenimento di sostegno finanziario da parte di potenze straniere e di tentativo di cambiamento di regime forzato, che secondo il codice penale del Marocco potrebbe essere punito con la morte. In ultima analisi, 32 dei principali attivisti sono stati condannati a 18 mesi di prigione, mentre altri hanno ricevuto pene di 2 o 3 mesi.

Purtroppo, lungi dall’assenza di disordini, il processo si è rivelato un punto di incontro per una varietà di forze che sperano di capitalizzare le proteste e trasformarle in un vantaggio politico. Circa 600 avvocati, rappresentanti la grande maggioranza degli uffici legali del paese, hanno espresso la volontà di contestare la sentenza. A Rabat si è svolta una protesta di solidarietà con un massimo di 40 mila partecipanti che includevano organizzazioni come il Movimento 11 Febbraio, apparso durante l’originaria Primavera araba, il Partito dell’Indipendenza, che ora ha perso smalto nonostante abbia fatto ottenere l’indipendenza al paese negli anni ‘50, e l’Al-Adl wa l-Ihsan (Giustizia e Spiritualità), un’associazione Islamista semi-legale, tollerata dalle autorità marocchine. Ha partecipato anch’essa alle proteste della Primavera araba, propagandando l’introduzione della shari’a in Marocco, si rifiuta di partecipare al processo politico legittimo e ha una forte presenza nel Rif. Muhammad VI, non volendo chiaramente che la situazione si trasformasse in uno spargimento di sangue, ha riconosciuto il diritto a protestare e ha indicato la necessità di indagare sul motivo per cui il piano di sviluppo per il Rif da 650 milioni di Euro non è stato attuato.

Infatti, la situazione economica nella regione del Rif è la ragione per cui tanti segmenti della società sono saliti sul carro della protesta, che è un fenomeno ricorrente in questa parte del Marocco. La forma più importante di attività economica è… la coltivazione della cannabis e il contrabbando di stupefacenti latinoamericani dall’Africa occidentale. Anche se questo è un commercio abbastanza redditizio, ai cittadini ordinari arrivano solo gli spiccioli, mentre i funzionari governativi sono accusati di intascarsi i profitti. La povertà ha indotto anche molti giovani della regione ad unirsi a diverse fazioni terroristiche in Iraq e in Siria, e con la guerra in questi due paesi che si avvicina lentamente alla fine, questi uomini costituiscono una minaccia per la stabilità a lungo termine del Marocco.

Il Marocco nella confronto Saudita-Qatariota

Il Marocco è fortunato perché, a differenza degli altri casi di cambiamento di regime, l’ondata di proteste non coincide con uno sforzo da parte degli Stati Uniti o di altre potenze occidentali per rovesciare il suo governo. Washington sembra soddisfatta della monarchia e non vuole che Muhammad VI abdichi. Il principale rivale strategico del Marocco è l’Algeria che cerca di eliminare il Sahara Occidentale, ma che non è in grado di organizzare azioni di qualsiasi tipo. Gli sconvolgimenti in Marocco sono coincisi con il confronto Saudita-Qatariota e, considerato che diverse fazioni marocchine hanno legami con l’Arabia Saudita o il Qatar, il futuro della politica di questo paese sarà influenzato dall’esito della lotta fra le potenze del Golfo. Muhammad VI è abbastanza vicino alla Dinastia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, che sono importanti investitori in Marocco (investimenti nel 2016: Francia – 22%, Emirati Arabi Uniti – 15,2%, Arabia Saudita – 11,2%, USA – 9,6%, Qatar – 7,8%). Secondo alcuni esperti, in questa situazione, il Qatar potrebbe avviare delle proteste attraverso diversi movimenti religiosi che sono sotto il suo controllo.

Uno degli aspetti più deboli del potere regale è il settore religioso. Il Re ha complicato i rapporti con i movimenti Islamici all’interno del paese. Dopo l’attacco terroristico a Casablanca nel 2003, Muhammad VI ha iniziato a rafforzare attivamente il potere personale nelle istituzioni religiose cercando di ottenere un saldo controllo sul settore religioso. Durante il suo regno, sono stati istituiti nuovi corpi di governo Islamici e sono stati aperti molti centri di ricerca Islamici. Attualmente Muhammad VI, essendo un discendente diretto del profeta Maometto, è considerato l’autorità religiosa più alta del paese e il Comandante dei Fedeli (Miramolino). Si definisce un difensore dell’Islam tradizionale “Malikita” moderato. L’Istituto Muhammad VI per la Formazione degli Imam, dei Predicatori e delle Predicatrici, istituito nel 2015, attrae ogni anno centinaia di imam provenienti dalla Nigeria, dal Ciad, dalla Guinea, dalla Costa d’Avorio, dalla Tunisia e dalla Francia. Il Marocco, insieme all’Egitto e all’Arabia Saudita, è uno dei leader mondiali nel campo dell’educazione Islamica. Ciò consente al paese di influenzare gli stati stranieri, anche se il Re non è stato in grado di stabilire completamente il suo controllo sul settore religioso.

Secondo alcuni esperti, una parte significativa dei Musulmani all’interno del paese è influenzata dai Fratelli Musulmani e dal Qatar. Il possibile collegamento del Qatar alla politica del Marocco è il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (PJD), che sta facendo pressioni perché il Re rinunci a una parte dei suoi poteri, consentendo una nuova costituzione. Il leader del PJD Abdelillah Benkirane è stato per diversi anni (novembre 2011 – aprile 2017) Primo Ministro del Marocco. L’attuale primo ministro Saadeddine El Othmani è il Segretario Generale del PJD in carica. È noto che il PJD ha legami con i Fratelli Musulmani. Anche se il PJD non ha partecipato alle proteste e non ci sono prove dirette che il Qatar sia coinvolto nel rafforzamento delle proteste, il coinvolgimento del Qatar non può essere escluso. Le proteste marocchine sarebbero state vantaggiose per il Qatar come mezzo per dimostrare la capacità del paese di destabilizzare il Marocco e quindi costringere il Re Mohammed VI ad abbandonare la sua posizione filo-saudita, e infatti, il Marocco non si è unito al blocco economico e politico del Qatar organizzato dai Sauditi.

Per il momento, nel futuro politico del Marocco non ci sono minacce evidenti. L’economia del paese sta andando ragionevolmente bene e il Re è popolare e ha il sostegno dell’esercito e delle forze di sicurezza. La wild card, come al solito, sono gli Stati Uniti, che sono noti per abbandonare i propri alleati senza preavviso per raggiungere i propri obiettivi economici. È possibile che il Marocco abbia una parte importante nell’attuale conflitto nel Golfo, e questo potrebbe influenzare il futuro del Marocco, che può ancora ritrovarsi ad essere il campo di battaglia per le lotte tra i giganti del mondo. Le proteste nel Rif possono essere state semplicemente la primo scarica di questa guerra.

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Articolo pubblicato da SouthFront il 17 luglio 2017.

Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.