Torture con le scosse elettriche e con la motosega, notti passate in fosse con i corpi di chi era già morto in seguito alle torture: si stenta a credere che queste non siano scene di fantasia tratte da un film dell’orrore, ma atrocità che accadono realmente e a cui, nel XXI secolo, si sottopongono l’un l’altro i cittadini di una stessa nazione.
È ciò che succede nelle carceri segrete ucraine nelle quali finiscono anche i combattenti della Repubblica popolare autoproclamata di Donetsk e chi viene anche solo sospettato di simpatizzare per i “separatisti”.
A marzo a Mosca in una conferenza stampa Vasily Prozorov, ex colonnello dei Servizi di sicurezza ucraini (SBU), ha raccontato ai giornalisti di una prigione segreta nell’aeroporto di Mariupol, la cosiddetta “biblioteca”. Chi in passato ha visto questa prigione completa e conferma le informazioni fornite da Prozorov.
“Quando alla tv ho visto le fotografie di quel corridoio (che ha mostrato Prozorov, ndr), mi si sono rizzati i capelli. Stavo seduta e sussurravo: oddio, quella era la mia cella”, ricorda Tatyana Ganzha, ex prigioniera di Mariupol
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