Helga. Franziska. Hans mi ha invitata a vedere un’opera allo Stadttheater.

E tu? La signora Kammerer continua a mescolare la zuppa che servirà quella sera al marito e al nuovo pensionante.

Ho accettato. 

E cosa hai intenzione di metterti? Questa volta è la signora Rosenthal che interroga Adelaide, senza alzare gli occhi dal vestito che sta cucendo.

Non so. Penso il vestito nero che metto per andare la sera a scuola.

Finalmente le due donne squadrano la ragazza. È la Rosenthal a parlare. Questo non lo possiamo permettere. Ne va del buon nome del numero 14 della Spiegelgasse. 

La signora Kammerer annuisce.

Franziska Rosenthal con fare professionale si avvicina alla ragazza. Vediamo. Potrebbe andarti bene il mio vestito rosso: come lunghezza ci siamo. Certo ci sono da fare alcuni ritocchi. Qui davanti non hai molto da metterci dentro, vedrò cosa posso fare. E quando sarebbe lo spettacolo?

Venerdì prossimo.

E cosa aspettavi a dircelo, benedetta ragazza, abbiamo solo tre giorni per prepararti. Helga devi chiamare quella tua cugina che sistema i capelli e tu spogliati, che devo prenderti le misure. E poi c’è da pensare al cappello, alla borsa. Non ce la faremo mai.

Invece ce l’hanno fatta. Quando Hans Richter bussa alla porta, Adelaide è pronta. Sei bellissima. E le allunga il mazzetto di fiori che ha comprato davanti alla chiesa di santa Lucia.

I due giovani si allontanano sotto gli occhi attenti di tutta la Spiegelgasse.

Adelaide, il signor Kammerer mi ha guardato malissimo. 

È una serata importante: vanno in scena due brevi opere del compositore italiano Ferruccio Busoni, Arlecchino con il celebre attore austriaco Alexander Moissi e Turandot con il soprano tedesco Inez Encke. Lo stesso Busoni, che ha scritto sia il libretto che la musica, dirige l’orchestra.

Naturalmente c’è tutta Zurigo. Ci sono gli amici del Cabaret Voltaire e c’è il nuovo pensionante dei signori Kammerer, Stefan Zweig. C’è Joyce con la moglie Nora; lo scrittore saluta Adelaide.

Conosci James Joyce? Le chiede curioso Hans.

È un cliente del signor Kammerer. Adelaide preferisce non raccontare di più.

C’è naturalmente il viceconsole Boffi. E c’è il console italiano. I due uomini si salutano con cordialità, nonostante il conflitto che da più di due anni insanguina i loro paesi.

Caro console Ciapelli, non ho ancora avuto modo di complimentarmi per come i vostri uomini sono riusciti a smantellare la nostra piccola rete di contatti in Italia. Siete stati davvero bravi.

Ci sono Thomas Mann e la moglie Katja. E c’è anche Mileva Marić, la prima donna che ha studiato fisica al Politecnico di Zurigo.

Allora, cosa ne dici?

Credo di preferire ancora il nostro Verdi.

Ti sarà sembrata strana un’opera dove non muore nessuno. Ha proprio ragione Pantalone: voi italiani siete contenti solo quando a teatro ci sono i morti.

Non essere stupido. E poi anche il vostro Wagner non è proprio un allegrone. Sai invece cosa non mi è piaciuto di questa Turandot? Che racconta una storia, ma non perché i personaggi fanno quello che fanno. Perché la principessa non vuole sposarsi e arriva a uccidere tutti gli uomini che chiedono la sua mano? Non può essere solo un capriccio, deve esserci dietro qualcosa di più complesso. Non sappiamo nulla della madre di Turandot. Se la ragazza facesse tutto questo per vendicarla? In fondo questo è anche un modo per punire suo padre, che così non avrà un erede. E perché fa uccidere tutti gli altri e alla fine accetta di sposare Kalaf? Cos’ha lui che le fa cambiare idea.

Forse si è innamorata.

Forse. Ma perché? E poi non mi è piaciuta neppure Adelma. Non tradisce Kalaf per ottenere la libertà. E forse Kalaf se lo meriterebbe, chissà cosa le ha fatto quando si sono conosciuti. Ma rivela alla principessa il suo nome perché così pensa di riprenderselo. Non ci fanno una gran figura le donne in questa storia. Si vede che l’ha scritta un uomo questa Turandot.

E tu come la riscriveresti? 

Non so. Vorrei che Turandot resistesse. Che riuscisse a diventare imperatrice, senza doversi per forza sposare. Vorrei che non si piegasse a fare la brava mogliettina.

Povero Busoni. Non gli risparmi proprio nulla.

E non mi sono piaciuti neppure gli indovinelli. Come dice il terzo? «Che molti incanta, che pochi amare sanno, su cui gli eletti potere avranno». Tutti possono fare arte: lo dici sempre anche tu ai bambini. L’arte non deve più essere qualcosa per pochi eletti, ma tutti devono poterla esercitare e tutti devono poterla amare. Noi, caro Hans, proviamo a insegnare che l’arte è per tutti. Che tutti un giorno potranno andare a teatro.

Intanto sono tornati davanti al 14 della Spiegelgasse.

Grazie di avermi invitata. Sono stata bene.

Prego. Ma la prossima volta ti porterò a vedere un’opera di Verdi. O di Puccini.

Adesso devo salire. E poi, come Cenerentola, devo rendere il vestito alla signora Rosenthal. 

Penso che se provassi a darti un bacio uscirebbe il signor Kammerer con un bastone.

Prova a rischiare…  

continua… 




per chi se le ha perse, ecco la “puntate precedenti“…

se avete tempo e voglia, qui trovate quello che scrivo…

Di Luca Billi

Luca Billi, nato nel 1970 e felicemente sposato con Zaira. Dipendente pubblico orgoglioso di esserlo. Di sinistra da sempre (e per sempre), una vita fa è stato anche funzionario di partito. Comunista, perché questa parola ha ancora un senso. Emiliano (tra Granarolo e Salsomaggiore) e quindi "strano, chiuso, anarchico, verdiano", brutta razza insomma. Con una passione per la filosofia e la cultura della Grecia classica. Inguaribilmente pessimista. Da qualche tempo tiene il blog "i pensieri di Protagora" e si è imbarcato nell'avventura di scrivere un dizionario...

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