Mujahideen in Kunar, Afghanistan, durante la guerra sovietico-afghana.


Francesco Cecchini


L’ Afghanistan non è terra per stranieri. Ne sanno qualcosa l’ Impero Britannico nel XIX secolo, l’ Unione Sovietica nel XX secolo e ora gli Stati Uniti e i paesi della Nato nel XXI secolo. Per la sua storia il paese è detto anche il Cimitero degli Imperi. Che sia diventato anche Cimitero dell’ Imperialismo Americano?
Sabato 29 febbraio 2020 gli USA di Trump e i talebani e firmarono a Doha, in Qatar, un accordo che apriva la strada al ritiro delle truppe americane e alleate dal Paese.
In un discorso dello scorso 14 aprile, il presidente Joe Biden ha dichiarato che “mantenere migliaia di truppe a terra e concentrate in un solo paese al costo di miliardi ogni anno ha poco senso per me e per i nostri leader e che gli Stati Uniti lasceranno l’Afghanistan l’ 11 settembre dopo due decenni di occupazione violenta. Il riconoscimento, quindi, di una sconfitta storica. In 20 anni di guerra, 1000 miliardi sono stati spesi nelle operazioni belliche ,140 mila morti ufficiali, reali il doppio di cui diverse migliaia bambini, la distruzione quasi totale di un Paese.
Anche l’ Italia, come membro della NATO, ha partecipato alla sconfitta. La missione italiana è cominciata il 30 ottobre del 2001 e nel corso di ventanni alla missione italiana hanno partecipato, a rotazione, circa cinquantamila soldati (le truppe presenti sul territorio afghano non sono mai state più di 5.000) e di questi 53 sono morti, quasi tutti in attacchi e attentati. L’ 8 giugno il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha ammainato la bandiera e tolto le tende.
Mentre gli invasori si ritirano diventando sempre più ex invasori, l’ Australia ha perfino chiuso l’ Ambasciata, i Talibani avanzano nella riconquista del proprio Paese. Hanno già riconquistato più di cinquanta dei 370 distretti dellAfghanistan da quando, lo scorso mese di maggio, hanno avviato la nuova offensiva militare in concomitanza con il ritiro delle truppe della Nato. Lo ha indicato il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in Afghanistan e capo della missione Unama, Deborah Lyons, che durante una riunione del Consiglio di sicurezza dellOnu ha sottolineato la gravità della situazione nel Paese e il rischio di perdere i progressi compiuti negli ultimi ventanni. Lyons ha fatto presente che la maggior parte dei distretti ripresi dagli insorti circondano i capoluoghi di provincia. Ciò suggerisce, ha precisato, che «i talebani si stanno preparando per cercare di prendere questi capoluoghi una volta che le forze straniere si saranno ritirate».

Afghan Taliban fighters and villagers attend a gathering as they celebrate the peace deal signed between US and Taliban in Laghman Province, Alingar district on March 2, 2020. The agreement was signed in Doha, Qatar, by US Special Representative for Afghanistan Reconciliation Zalmay Khalilzad — the chief US negotiator in the talks with the Taliban — and Mullah Abdul Ghani Baradar — the Taliban’s chief negotiator. Secretary of State Mike Pompeo witnessed the signing. (Photo by Wali Sabawoon/NurPhoto via Getty Images) (Photo by Wali Sabawoon/NurPhoto via Getty Images)

Talebani avanzando
Venerdì scorso il presidente degli Stati uniti, Joe Biden ha incontrato il presidente Ashraf Ghani e il capo dellAlto consiglio per la riconciliazione nazionale, Abdullah Abdullah, che, entrambi preoccupati che i Talebani si avvicinano a Kabul, hanno chiesto protezione. Tra l’ altro i due sono rivali politici. I risultati della riunione non sono stati chiari per quanto riguarda la protezione Joe Biden ha confermato il ritiro degli Stati Uniti e ripetuto che i due innanzitutto i due dovrebbero mettersi d’ accordo, a causa del fiato dei Talebani sul loro collo. Cosa non facile.
Grande è la confusione sotto il cielo afghano, una cosa è certa: non vedremo più ragazze con le gonne corte passeggiare per Kabul.

Kabul oggi e nel 1970

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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