Boris Pahor

Francesco Cecchini

“Ho immaginato di passeggiare per Trieste arrivando a PIazza Oberdan, luogo dove convergono i ricordi dolorosi del Novecento”                                                   Boris Pahor

Boris Pahor nato aTrieste il 26 agosto 1913 ha compiuto 108 anni. Scrittore italiano di lingua slovena Boris Pahor ha ha attraversato tutto il secolo breve, vivendo la repressione fascista, la ribellione a questa, la deportazione e l’ internamento in un campo nazista, i problemi legati al confine orientale nel secondo dopoguerra. Boris Pahor ha raccontato la sua tragica ed eroica vita in moltissime opere tra le quali Necropoli, Il rogo nel porto, Il petalo giallo, Qui è proibito parlare, Nella cittadella triestina, Bonaccia con gli aranci, Una primavera difficile, Piazza Oberdan, Figlio di nessuno. Per Bompiani è uscito  Così ho vissuto. Biografia di un secolo a cura di Tatjana Rojc.

Da una sua intervista pubblicata il 28 agosto del 2013 nel supplemento letterario del giornale argentino Clarin.                                                                                              Dopo tutto quello che ha vissuto, qual’ è la ferita più grande?

“Il fascismo. Il fascismo mi rovinò la vita, mi rovinò la gioventù. La immagine che più mi ha lasciato un segno e che anche lasciò una traccia nella mia scrittura, avvenne quando avevo sette anni ed i fascisti bruciarono la casa della cultura slovena a Trieste. Era un edificio di 6 piani. I fascisti ruppero gli idranti e ballavano tutt’intorno come pazzi. In quel momento rimasi paralizzato. Dovetti diventare un altro, parlare italiano e non ero capace di farlo.S i capisce che dopo, essere vicino alla morte non era una cosa senza importanza, ma ro un uomo più maturo e preparato perché con i tedeschi mi potesse capitare qualcosa di cattivo. Ci tolsero la lingua, la scuola e la nostra società. In seguito i miei genitori mi mandarono in seminario non perché volvano che diventassi prete, ma perché non sapevano dove mandarmi. Era difficile studiare di nascosto in sloveno perché non si trovavano libri. Abbiamo avuto una doppia vita: italiana negli studi, slovena per convinzione. Lì compresi che nessun potere poteva obbligarmi a cambiare identità. Con altri compagni studiavamo di nascosto cultura slovena. Cercavamo libri come fossero sigarette di contrabbando.”

“Dovevamo diventare italiani per forza”, scrive Boris Pahor  in  Piazza Oberdan:

L’ incendio del Narodi Dom, Casa Nazionale, fu l’ inizio dell’ odissea di Boris Pahor. Costruito nel 1904, il Narodni Dom era il cuore dellacomunità slovena di Trieste. Il palazzo era costituito da un albergo, l’Hotel Balkan, un teatro, alcune abitazioni private ed era la sede di numerose organizzazioni e da sedi di varie organizzazioni politiche economiche e culturali slovene, ma anche croate, serbe ceche e slovacche. Narodni Dom era il simbolo della presenza slovena a Trieste che prima della guerra del 15-18 era di circa 60.000 persone, il 25% della popolazione. Durante tumulti anti-slavi, il 13 luglio1920 l’  edificio fu distrutto da squadre fasciste che appiccarono il fuoco e impedirono l’intervento dei pompieri. L’ intento era quello di eliminare ciò che per loro costituiva un’ affronto all’italianità della città e incendiare, insieme al palazzo, gli archivi che raccoglievano la memoria della comunità slovena triestina. I responsabili del rogo non furono mai processati, né i proprietari risarciti. Successivamente, l’  affermarsi del regime fascista comportò la completa negazione dei diritti e dell’identità delle minoranze e nel 1927 si giunse alla chiusura definitiva di tutte le organizzazioni slovene.

Il 13 luglio 2020 il Presidente della Repubblica Mattarella assieme al Presidente della Slovenia Borut Pahor hanno presenziato alla cerimonia di restituzione dell’edificio alla comunità slovena, a 100 anni esatti dall’incendio.

La riparazione dovuta del crimine fascista si deve anche a quanto ha scritto Boris Pahor su Narodni Dom.

Narodni Dom dato alle fiamme dai fascisti.

Di Francesco Cecchini

Nato a Roma . Compie studi classici, possiede un diploma tecnico. Frequenta sociologia a Trento ed Urbanistica a Treviso. Non si laurea perché impegnato in militanza politica, prima nel Manifesto e poi in Lotta Continua, fino al suo scioglimento. Nel 1978 abbandona la militanza attva e decide di lavorare e vivere all’estero, ma non cambia le idee. Dal 2012 scrive. La sua esperienza di aver lavorato e vissuto in molti paesi e città del mondo, Aleppo, Baghdad, Lagos, Buenos Aires, Boston, Algeri, Santiago del Cile, Tangeri e Parigi è alla base di un progetto di scrittura. Una trilogia di romanzi ambientati Bombay, Algeri e Lagos. L’ oggetto della trilogia è la violenza, il crimine e la difficoltà di vivere nelle metropoli. Ha pubblicato con Nuova Ipsa il suo primo romanzo, Rosso Bombay. Ha scritto anche una raccolta di racconti, Vivere Altrove, pubblicata da Ventura Edizioni Traduce dalle lingue, spagnolo, francese, inglese e brasiliano che conosce come esercizio di scrittura. Collabora con Ancora Fischia IL Vento. Vive nel Nord Est.

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