La Risoluzione 2758 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e altri documenti internazionali affermano il principio di “una sola Cina” e lo status di regione cinese di Taiwan, mostrando l’illegittimità delle mosse degli Stati Uniti per favorire la cosiddetta “indipendenza di Taiwan”.

La stampa e i documenti ufficiali cinesi circa la questione di Taiwan fanno spesso riferimento alla politica di “una sola Cina” e alla Risoluzione 2758 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Questo documento, spesso ignorato dai media occidentali, rappresenta infatti il fondamento giuridico dello status di Taiwan, ed è oggi accettato dalla comunità internazionale quasi all’unanimità, visto che 180 Paesi hanno stabilito relazioni bilaterali con Pechino secondo il principio di “una sola Cina”. Nonostante la contrarietà di Washington, la risoluzione del 25 ottobre 1971 ottenne allora 76 voti favorevoli, 35 contrari e 17 astensioni, sancendo la fine della controversia circa l’identità del legittimo governo cinese.

Bisogna infatti ricordare che, per ventidue anni, il seggio cinese presso le Nazioni Unite era stato occupato illegittimamente dal governo nazionalista di Chiang Kai-Shek, stabilitosi sull’isola di Taiwan dopo la sconfitta subita per mano dei comunisti di Mao Zedong nella guerra civile cinese e la fondazione della Repubblica Popolare nel 1949. Sostenuto proprio dagli Stati Uniti, il governo della sedicente “Repubblica di Cina” aveva goduto di tutti i privilegi connessi, compreso il seggio permanente presso il Consiglio di sicurezza.

Questo fino a quando la Risoluzione 2758 non riconobbe la Repubblica Popolare Cinese come “l’unico rappresentante legittimo della Cina presso le Nazioni Unite”. L’approvazione del documento rappresentò una grande vittoria diplomatica per la Cina e, più in generale, per l’antimperialismo e la diplomazia mondiale, mettendo termine alla contraddizione per la quale il Paese più popoloso del mondo non disponeva di un proprio seggio all’ONU. 

Il documento fu fortemente promosso dall’Unione Sovietica, che in precedenza aveva boicottato l’ONU proprio in segno di protesta per la questione riguardante l’assegnazione del seggio cinese. L’ingresso della Repubblica Popolare Cinese all’ONU, tuttavia, fu reso possibile anche dai cambiamenti geopolitici che si verificarono nel corso degli anni ‘60, con l’emergere di numerosi nuovi Stati Indipendenti in Asia e Africa, e la nascita di un fronte dei Paesi del cosiddetto “Terzo Mondo” all’interno del Movimento dei Paesi non allineati.

Ci sono innegabili fatti storici, un solido diritto internazionale e un ampio consenso internazionale che confermano la verità di fondo: c’è una sola Cina al mondo e Taiwan è una parte inalienabile del territorio cinese”, ha scritto Xin Ping, esperto di relazioni internazionali, sul Global Times. Come ricordato dallo stesso Xin, la Risoluzione 2758 non è l’unico documento che attesta la validità della politica di “una sola Cina”: sia la Dichiarazione del Cairo del 1943 che la Proclamazione di Potsdam del 1945 affermavano già lo status giuridico di Taiwan come parte inalienabile della Cina, prevedendo la restituzione di tutti i territori cinesi occupati dai giapponesi nel corso della seconda guerra mondiale, compresa l’isola in questione.

Solamente l’ostracismo degli Stati Uniti nei confronti della Repubblica Popolare Cinese permise l’occupazione illegale del seggio cinese da parte di Taiwan per ventidue anni, fino a quando la Risoluzione 2758 non segnò la sconfitta di questa politica anticinese. Con la sua approvazione, l’Assemblea generale decise di “ripristinare tutti i suoi diritti alla Repubblica popolare cinese e di riconoscere i rappresentanti del suo governo come gli unici legittimi rappresentanti della Cina presso le Nazioni Unite, e di espellere immediatamente il rappresentanti di Chiang Kai-Shek dal posto che occupano illegalmente presso le Nazioni Unite e in tutte le organizzazioni ad esse collegate“, come si legge nel testo ufficiale.

Ad oggi, i documenti ufficiali dell’ONU riconoscono Taiwan “come una provincia della Cina senza uno status separato”, e affermano che “le autorità di Taipei non godano di alcuna forma di status di governo”. La denominazione ufficiale di Taiwan è infatti “Taiwan, provincia della Cina”, o, in forma abbreviata “Taiwan (Cina)”. Nonostante il sostegno degli Stati Uniti, dal 1993 l’ONU ha respinto diverse richieste per la partecipazione di Taiwan all’organizzazione, e nel 1997 fu l’Organizzazione Mondiale della Sanità a respingere l’ingresso di Taiwan come membro osservatore. Nel documento che attesta il rifiuto del 1993, si afferma che “le province o le suddivisioni amministrative interne di uno Stato membro non sono eleggibili per diventare membri dell’organizzazione“, facendo chiaramente intendere come Taiwan non sia altro che una provincia cinese.

Il ripristino della sede legale della Nuova Cina alle Nazioni Unite è stato un evento epocale per il mondo e le Nazioni Unite. È stato il risultato degli sforzi congiunti di tutti i Paesi amanti della pace che si sono schierati per la giustizia nel mondo. Ha segnato il ritorno del popolo cinese, ovvero di un quarto della popolazione mondiale, sulla scena delle Nazioni Unite”, ha ricordato il presidente Xi Jinping lo scorso 25 ottobre, in occasione del 50° anniversario della Risoluzione 2758.

Anziché attenersi al diritto internazionale e al parere della quasi totalità della comunità internazionale, gli Stati Uniti stanno sfidando questi principi con l’unico fine di espandere le proprie mire egemoniche nella regione dell’Asia-Pacifico e di contrastare lo sviluppo della Cina. Washington dovrà però scontrarsi con la maggioranza dei governi mondiali, compresi quelli di alcuni alleati degli USA nella regione, tutti concordi nel condannare la recente visita di Nancy Pelosi a Taiwan come pericolosa provocazione che mette a repentaglio la sicurezza regionale e mondiale.


RISOLUZIONE 2758 DEL 25 OTTOBRE 1971

RIPRISTINO DEI LEGITTIMI DIRITTI DELLA REPUBBICA POPOLARE CINESE PRESSO LE NAZIONI UNITE

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite,

Richiamando i principi della Carta delle Nazioni Unite,

Considerando che il ripristino dei legittimi diritti della Repubblica Popolare Cinese è essenziale sia per la protezione della Carta delle Nazioni Unite sia per la causa che le Nazioni Unite devono servire ai sensi della Carta,

Riconoscendo che i rappresentanti del governo della Repubblica Popolare Cinese sono gli unici rappresentanti legittimi della Cina presso le Nazioni Unite e che la Repubblica Popolare Cinese è uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza,

Decide di ripristinare tutti i diritti della Repubblica Popolare Cinese e di riconoscere i rappresentanti del suo governo come gli unici legittimi rappresentanti della Cina alle Nazioni Unite e di espellere immediatamente i rappresentanti di Chiang Kai-Shek dal posto che occupano illegalmente presso le Nazioni Unite e in tutte le organizzazioni ad esse collegate.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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