È iniziato il secondo tempo della partita tra il governo Meloni e il reddito di cittadinanza, a distanza di tre mesi dall’approvazione della Legge di Bilancio con cui il nuovo esecutivo aveva ribadito la volontà di superare l’attuale misura sociale. Nelle prossime due o tre settimane è infatti prevista la presentazione del decreto-legge contenente la misura di inclusione attiva (MIA) che da settembre sostituirà il reddito di cittadinanza. La bozza su cui stanno lavorando il Ministero del Lavoro e quello dell’Economia conferma la volontà del governo di limare il peso del sussidio sulla spesa pubblica. Il nuovo nome è accompagnato infatti da importi più bassi per i beneficiari “occupabili” e una generale stretta sull’ISEE, il cui tetto massimo per avanzare la richiesta passa da 9.360 a 7.200 euro. I sindacati hanno criticato il lavoro del governo sul merito e sul metodo, denunciando il mancato coinvolgimento o confronto nell’elaborazione della misura. L’esecutivo ha alzato gli scudi affermando che si tratta solamente di una prima bozza e che la materia necessita ancora “di un approfondito confronto tecnico”.

La bozza della MIA (o GIA secondo altre indiscrezioni) divide in modo inedito i beneficiari in due platee: nuclei non occupabili e nuclei occupabili. Nel primo caso si tratta di famiglie con almeno un minorenne, un anziano over 60 o una persona con disabilità. In mancanza di tali condizioni, e in presenza di almeno un componente che abbia tra i 18 e i 60 anni d’età, il nucleo familiare rientra nel secondo caso. La prima ragione della differenziazione risiede nello scopo economico, dunque tagliare il fondo per coloro che in teoria potrebbero immettersi nel mondo del lavoro. Ai nuclei monofamiliari occupabili, che secondo le stime dovrebbero essere circa 300mila, toccherà un sussidio base di 375 euro, il quale potrebbe essere ritoccato progressivamente dalla “scala di equivalenza” per le famiglie con più membri (circa 100mila nuclei stimati). Ad ogni modo, la durata della misura sarà di un anno; per presentare poi una seconda domanda, dalla durata dimezzata, saranno necessari sei mesi di pausa, che diventano diciotto in caso di ulteriore istanza. Insomma, un percorso a esaurimento che rende più vulnerabile l’individuo all’interno del mondo del lavoro e lo spinge ad accettare anche quelle condizioni denigranti denunciate negli ultimi anni, dove il reddito di cittadinanza – una misura sociale – ha rappresentato l’alternativa a un mercato con evidenti mancanze nella tutela della forza lavoro. Va ricordato, inoltre, che basterà il rifiuto a un’offerta lavorativa “congrua”, anche temporanea (superiore almeno a 30 giorni), per decadere dalla prestazione. La congruità sarà legata alla prossimità tra residenza e sede di lavoro nonché alla “profilazione della persona occupabile”. A tal proposito sarà interessante seguire il funzionamento del percorso di formazione lavorativa e di collocamento che delineerà Palazzo Chigi.

Claudio Durigon e Giorgia Meloni.

L’idea del decalage avanzata alcuni mesi fa dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, interesserà anche i nuclei non occupabili. Il nuovo sussidio, in sostanza, non si potrà più chiedere a ripetizione, come il reddito, ottenendo ogni volta altri 18 mesi di assistenza. Per le famiglie senza occupabili, dalla seconda domanda in poi, la durata massima della MIA si ridurrà a 12 mesi. Il sussidio base sarà, come la vecchia misura, di 500 euro. Si discute, inoltre, sulla continuità dell’incremento per pagare l’affitto, che col reddito arriva a una quota massima di 280 euro. Probabilmente il contributo verrà alleggerito e modulato progressivamente sul numero dei componenti del nucleo. Le famiglie saranno interessate dalla stretta sull’ISEE, il cui tetto massimo per avanzare la richiesta al sussidio calerà da 9.360 a 7.200 euro, nonostante il caro vita generato dall’inflazione, con l’effetto di tagliare l’attuale platea di beneficiari di circa un terzo. Una perdita che verrà bilanciata dall’ingresso di nuovi destinatari, dal momento in cui Palazzo Chigi è andata incontro a Bruxelles modificando la norma che finora prevedeva la possibilità di accedere alla misura solo per chi risiede in Italia da almeno da 10 anni. Secondo la bozza, il tetto verrà abbassato infatti a 5 anni.

Alla luce delle modifiche proposte al reddito di cittadinanza, con cui il governo intende risparmiare almeno due o tre miliardi rispetto agli otto spesi annualmente per la misura sociale, la strada intrapresa dalle istituzioni pare essere quella dell’incertezza. Il nuovo esecutivo ha puntato forte sul superamento del reddito di cittadinanza, fissando l’obiettivo a una progressiva diminuzione dei beneficiari “occupabili” da ottenere mediante il loro ingresso nel mercato del lavoro. Tralasciando il fine, accompagnato da una logica spesso condivisa dagli stessi beneficiari, ciò che manca è il come. E lì dov’è già intuibile, si rivela fallace. Se per rendere congrua un’offerta di lavoro bastano 30 giorni nel contratto, evidentemente l’obiettivo del governo non è assicurare stabilità al lavoratore ma gonfiare statistiche e mettere una pezza al sistema produttivo. Il tutto assume rilievo se si pensa che in una bozza già ben delineata manca la chiarezza sul percorso di formazione lavorativa e di collocamento, perno della struttura di cristallo che sta mettendo in piedi il governo.

[di Salvatore Toscano]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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