Lasciano mogli, figli, genitori, parenti, amici o semplici conoscenti. A chi rimane non resta che lo sgomento per una scomparsa ingiusta ed inaspettata, per un lavoro che non ha dato la vita, ma morte e dolore
Lavorava, ma non aveva il permesso di soggiorno. Era questa la posizione giuridica di uno degli operai che ha trovato la morte nel cantiere Esselunga di Firenze. Ecco i loro nomi.
Mohamed Toukabri, 54 anni tunisino. Taoufik Haidar 43 anni, moglie e 2 figli, Mohamed el Farhane, 24 anni e Bouzekry Rahimi di 56 anni marocchini. Tra le vittime anche un operaio italiano, Luigi Coclite, 60 anni di Teramo, residente in provincia di Livorno.
Ieri un altro lavoratore di 52 anni è morto nello stabilimento Stellantis di Pratola Serra (Avellino). Domenico Fatigati, dipendente di una ditta esterna, è rimasto schiacciato da un macchinario.
Nel 2024 le vittime sono già 148. Il numero cresce continuamente. È una ‘mattanza’ che nessuna legge riesce a fermare. Le regole ci sono e sono stringenti, ma spesso vengono violate, perché? Di certo nessun datore di lavoro vuole vedere la morte di un suo operaio; eppure, questo avviene ogni giorno. Allora perché? La motivazione è soltanto una: per tante imprese la priorità è il profitto anche a scapito dell’incolumità dei lavoratori. È la logica del guadagno a tutti i costi. È il principio fondamentale del capitalismo.
Vincere una gara pubblica o aggiudicarsene una da un privato per poi dare i lavori in subappalto è una prassi comune a molte imprese di grandi dimensioni, spesso multinazionali.
Il guadagno non è determinato dalla realizzazione dell’opera ma dall’aggiudicazione dell’appalto. I lavori vengono delegati ad imprese di piccole dimensioni che spesso sono costrette a ridurre i costi sulle materie prime, sulla manodopera e sulla sicurezza. I primi incassano i profitti, i secondi finiscono davanti ai giudici ed i dipendenti ci rimettono il lavoro e spesso la vita.
È un’emergenza nazionale, dicono, ma tra qualche giorno tutto tornerà nella ‘normalità’, almeno fino alla prossima strage. Le morti quotidiane, si sa, non fanno notizia. Come l’operaio cinquantenne morto ieri a Campofelice di Roccella in provincia di Palermo, travolto dal muro di una casa in costruzione.
La vita è breve e le parole non servono. Lasciano mogli, figli, genitori, parenti, amici o semplici conoscenti. A chi rimane non resta che lo sgomento per una scomparsa ingiusta ed inaspettata, per un lavoro che non ha data una vita dignitosa, ma morte e dolore.
Domani, quando un altro lavoratore o lavoratrice non tornerà a casa ripeteremo le stesse parole e scriveremo le stesse frasi. No, non è accettabile, ma quando finirà tutto questo?