Il colpo di Stato operato dall’esercito in Myanmar sta lasciando dietro di sé una lunga striscia di sangue, per via delle continue proteste che si svolgono quotidianamente nella capitale Naypyidaw, a Rangoon ed in tutto il Paese. La giunta guidata dal generale Min Aung Hlaing sta infatti reprimendo duramente le manifestazioni, dopo aver deposto la leader Aung San Suu Kyi ed aver annullato i risultati delle ultime elezioni.

Questa situazione era del resto stata prevista da Tom Andrews, l’esperto di diritti umani delle Nazioni Unite in Myanmar. “Sono terrorizzato dal fatto che, data la confluenza di questi due eventi, le proteste di massa pianificate e la convergenza delle truppe, potremmo essere sul punto che i militari commettano crimini ancora più gravi contro il popolo del Myanmar“, aveva dichiarato Andrews due settimane fa, dal suo ufficio di Ginevra.

In effetti, dal colpo di stato del 1° febbraio, si calcola che il governo militare abbia effettuato almeno 500 arresti di partecipanti alle manifestazioni di protesta. Almeno undici funzionari del ministero degli Esteri del Myanmar sono stati arrestati nella capitale per essersi uniti al movimento di disobbedienza civile emerso dopo il colpo di Stato. L’esercito golpista soffre anche degli scioperi avviati dagli operatori sanitari, ai quali si sono aggiunti molti altri funzionari di diversi settori, che stanno paralizzando la macchina amministrativa dello Stato. Le autorità militari hanno poi emesso mandati di arresto per sei personalità del mondo dello spettacolo nazionale che avrebbero “incitato” i cittadini a unirsi al movimento di disobbedienza civile.

Le proteste si sono ulteriormente intensificate dopo il 17 febbraio, data dell’inizio del processo a porte chiuse contro Aung San Suu Kyi. L’avvocato del Premio Nobel per la pace, Khin Maung Zaw, ha confermato alla stampa che Su Kyi è accusata di diversi crimini e non ha alcuna difesa legale, in quanto il tribunale non lo ha riconosciuto come suo avvocato difensore. Secondo il legale, Aung San Suu Kyi Ha sarebbe stata accusata di una violazione della legge sui disastri naturali, mentre in precedenza era stata incolpata di aver importato illegalmente un apparecchio telefonico. La leader del Myanmar rischia fino a tre anni di carcere per il reato di importazione illegale, mentre non si conoscono i dettagli della seconda accusa.

In occasione delle proteste non sono mancate neppure le vittime. Mya Thwe Thwe Khine, 20 anni, ferita da un colpo di pistola alla testa durante una manifestazione, è deceduta venerdì 19 febbraio dopo aver trascorso dieci giorni in condizioni critiche in un ospedale della capitale. La giovane donna è stata solamente la prima vittima delle repressioni militari. Sabato 20 febbraio, due manifestanti, tra i quali lo studente sedicenne Wai Yan Tun, sono rimasti uccisi nella città di Mandalay dopo essere stati raggiunti dai colpi della polizia. Nella stessa occasione, i servizi medici hanno specificato che almeno altre sei persone sono state ferite da colpi di arma da fuoco negli incidenti e altre dieci sono state arrestate. Testimoni hanno affermato che la polizia ha soppresso la protesta con proiettili veri e proiettili di gomma, lacrimogeni e proiettili metallici lanciati con fionde.

Le immagini delle vittime sono divenute dei simboli delle proteste, ed i manifestanti le hanno esposte in tutte le strade delle principali città. Alle proteste si sono uniti anche i monaci buddhisti, che già in passato furono protagonisti dei movimenti antimilitaristi, come la Rivoluzione zafferano del 2007. I conflitti non si sono fermati neppure dopo la pubblicazione di un minaccioso comunicato da parte della giunta militare: “I manifestanti incitano le persone, in particolare i giovani adolescenti ed entusiasti, a gettarsi sulla via dello scontro in cui moriranno“, si legge nel comunicato.

La situazione è ulteriormente degenerata nelle ultime ore, con gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine che sono divenuti sempre più intensi. Le proteste di domenica 28 febbraio hanno lasciato sull’asfalto almeno diciotto morti ed innumerevoli feriti.

La crisi politica in Myanmar sta portando anche ad una forte mobilitazione da parte degli altri Paesi della regione, in quanto il Myanmar è membro dell’ASEAN, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico. Il ministro degli Esteri indonesiano Retno Marsudi ha visitato la capitale thailandese, Bangkok, nell’ambito dei suoi sforzi per coordinare una risposta regionale alla crisi innescata dal golpe militare. In Thailandia, Marsudi ha incontrato il ministro degli Esteri nominato dal nuovo governo militare del Myanmar, il colonnello dell’esercito in pensione Wunna Maung Lwin, con la mediazione del loro omologo thailandese, Don Pramudwinai. L’ASEAN ritiene che il dialogo con i generali sia un metodo più efficace per ottenere concessioni rispetto ad altri metodi più aggressivi come le sanzioni, proposte da alcuni governi occidentali, in particolare Stati Uniti, Regno Unito e Canada.

Anche la Cina ha appoggiato la posizione dell’ASEAN, intimando invece agli Stati Uniti ed agli altri Paesi occidentali di smettere di “gettare benzina sul fuoco“. Un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha dichiarato che, in qualità di vicino amichevole del Myanmar, “la Cina spera che tutte le parti si conterranno per il bene dello sviluppo e della stabilità del Paese e risolveranno le discrepanze nell’ambito della legge e della costituzione”. Il ministro degli Esteri Wang Yi ha affermato che “la Cina supporta l’ASEAN nel sostenere il principio di non interferenza negli affari interni […]. La Cina sostiene l’ASEAN nel tenere una riunione speciale dei ministri degli Esteri e crede che l’ASEAN, in quanto organizzazione regionale matura, possa aiutare il Myanmar a superare le difficoltà con la sua saggezza politica“.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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