Pasquale Cicalese

Dell’incontro tra Mario Draghi e il ministro degli esteri cinese non v’è quasi traccia sui media, eppure l’economia italiana guarda alla Cina più di quanto dica pubblicamente.

L’economia italiana guarda alla Cina

Quel che non trovate nei media italiani l’ho letto sul China Daily: “Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi ha incontrato il consigliere di Stato cinese e ministro degli Esteri cinese Wang Yi.”

“Wang ha affermato che le relazioni Cina-Italia hanno mantenuto un buon ritmo di sviluppo. Entrambi i paesi sono antiche civiltà e possono guardare allo sviluppo dell’altro con un atteggiamento inclusivo e accettare pacificamente le reciproche differenze.”

“Inoltre ha affermato che la Cina è pronta a importare più prodotti di alta qualità dall’Italia e spera che l’Italia fornirà un ambiente commerciale aperto, equo e non discriminatorio per le aziende cinesi. La tecnologia avanzata dell’Italia, combinata con il mega mercato cinese, fornirà un impulso duraturo per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra i due paesi, ha aggiunto”.

Wang Yi in pratica dice che la Cina, se lasciata in pace, è pronta ad importare molti più prodotti italiani e quanto all’accenno alla teconlogia, rimpiazzerebbe la Germania.

La Cina, come si vede, onora il Memorandum del 2019 e fa capire che l’Italia, se non ha un atteggiamento imperialistico, come solito in Occidente, nei confronti della Cina, a cui si vuole insegnare come condurre i propri affari, ne può beneficiare grandemente.

Diario italiano altro che boom, è la Cina che continua a tenerci a galla

Si noti l’accenno alle antiche civiltà reciproche e alla disponibilità cinese nei confronti del nostro Paese, cosa che non si riscontra in nessuna Cancelleria dell’Ovest, trattata come un paria

Un colosso economico, ormai prima potenza mondiale e primo importatore al mondo che dice al Premier italiano: compreremo molte più merci italiane, più di quanto stiamo già facendo, e si sa che quest’anno si è già al record storico.

Potrebbero, se solo volessero, e se lasciati in pace, risollevare metà dell’apparato industriale italiano, dato “il vasto mercato cinese“, come afferma Wang Yi. Non considero le dichiarazioni, accomodanti, di Draghi, probabilmente di circostanza.

I cinesi non parlano mai, ma quando parlano, sono parole di pietra.

Due anni fa scrissi che la dirigenza cinese inoltrò ai commissari del popolo l’ordine di girare le aziende, pubbliche e private, per invogliarle a comprare merci italiane. Le statistiche di questi anni stanno dando ragione di questa scelta.

Ora Wang Yi afferma che possono fare molto di più, permettendo agli operatori economici italiani, ma anche agli stessi lavoratori, che si vedrebbero garantito lavoro, di erodere quote di mercato agli europei.

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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