Nell’ultimo Documento di Programmazione Economica il Governo ha ridotto per il 2023 di 2 mld la spesa sanitaria e ha aumentato di 12 mld la spesa militare. Per il 2024 ha aumentato di 2 mld la spesa militare e ridotto di 2 mld la spesa sanitaria. In pratica cresce l’investimento per strumenti di morte che forniamo a paesi in guerra, a discapito del miglioramento della salute e della qualità della vita. Non si ritiene che sia l’ora di dire STOP ALLA GUERRA e di dare un segnale forte, attraverso una consultazione popolare impegnativa per il Governo, chiedendo di porre fine alla fornitura di armi e di prestare più attenzione alla sanità pubblica evitando l’ingerenza dei privati nelle scelte relative alla pianificazione della spesa sanitaria? Dal 22 aprile chiunque condivida questa posizione ha la possibilità di invertire la rotta e di far rispettare l’art. 11 della Costituzione. Tutto questo sostenendo la campagna referendaria unitaria promossa da associazioni e comitati di attivisti e intellettuali, che ci vede come rivista e associazione La fionda particolarmente coinvolti. Ma entriamo nel merito dei tre quesiti.

Quesito 1

Vuoi tu che sia abrogato l’art. 1 del decreto-legge 2 dicembre 2022, n. 185 (Disposizioni urgenti per la proroga dell’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina), convertito in legge n. 8 del 27 gennaio 2023 nelle parole: “E’ prorogata, fino al 31 dicembre 2023, previo atto di indirizzo delle Camere, l’autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore delle autorità governative dell’Ucraina, di cui all’art. 2-bis del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 aprile 2022, n. 28, nei termini e con le modalità ivi stabilite?

Chiarimenti

Questo primo quesito è finalizzato ad abrogare la normativa eccezionale voluta dal Governo Draghi e prorogata dall’attuale Governo Meloni in forza della quale si autorizza la fornitura di mezzi materiali ed equipaggiamenti militari a favore dell’Ucraina, e ciò in pieno contrasto con l’art 11 della Costituzione. Il nostro ceto politico, tanto di maggioranza quanto di opposizione, ha deciso, salvo lodevoli eccezioni, di destinare ingenti somme di denaro alla produzione di armi da inviare all’Ucraina. Noi riteniamo che il popolo italiano in maggioranza non sia d’accordo e con quesito referendario intendiamo provarlo. Anziché ricercare soluzioni diplomatiche, si coglie l’occasione per produrre armi (e fare profitti) presentandole come necessarie per la pace. Ci proponiamo allora di impedire la possibilità che venga rinnovato l’invio di armi, mezzi, equipaggiamenti e materiali militari ai Paesi coinvolti nel conflitto in corso. In altre parole tacciano le armi e si investa seriamente sui negoziati con spirito realistico e costruttivo.

Quesito 2

Volete voi che sia abrogato l’art. 1, comma 6, lettera a), legge 09 luglio 1990, n. 185, rubricata “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, e successive modificazioni (che prevede: “6. L’esportazione, il transito, il trasferimento intracomunitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i princìpi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, fatto salvo il rispetto degli obblighi internazionali dell’Italia o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere” limitatamente alle parole “o le diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare previo parere delle Camere”?

Chiarimenti

Con questo secondo quesito si vuole togliere al Governo il potere di derogare il divieto di esportazioni di armi in teatri di guerra attraverso la semplice informativa al Parlamento. Se questo referendum avesse successo, ogni decisione futura volta a inviare armi in teatri di guerra richiederebbe una legge formale e dunque la piena assunzione di responsabilità politica del Parlamento.

Quesito 3

Vuoi tu abrogare l’Art. 1 (Programmazione sanitaria nazionale e definizione dei livelli uniformi di assistenza), comma 13, D. lgs 502/1992 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (GU n.305 del 30-12-1992 – Suppl. Ordinario n. 137) limitatamente alle parole “e privati e delle strutture private accreditate dal Servizio sanitario nazionale”?

Chiarimenti

Con questo quesito referendario si cerca di bloccare la tendenza alla privatizzazione dei servizi per la salute ed il conflitto di interessi nell’allocazione degli ingenti fondi pubblici per la sanità. Il quesito vuole cancellare una previsione di legge per cui le Regioni, cui compete la gestione del sistema sanitario a livello territoriale, possono ammettere la partecipazione nella programmazione della sanità anche di soggetti privati i quali, essendo coinvolti nella gestione, si trovano così in conflitto di interessi. In conseguenza di questo conflitto “endemico”, le ingenti risorse pubbliche spese per la sanità finiscono lontane da quegli ambiti in cui i ritorni per i privati sono più limitati. Fra questi, come tragicamente confermato durante la pandemia, le terapie intensive e la medicina di prossimità. Anche al di la dell’ emergenza pandemica, la conseguenza del conflitto di interessi è sotto gli occhi di tutti: l’accesso alle cure, che dovrebbe essere gratuito e garantito in modo efficiente a tutti i cittadini, a prescindere dal loro reddito, è divenuto difficoltoso per coloro che non riescono a sostenere i costi per cure private o semi-private (in convenzione). Come cittadini, abbiamo il diritto di vedere assegnati i fondi alla medicina di prossimità e alle terapie intensive anche se questi settori rendono poco ai privati. L’Italia spende per la sanità il 7% del suo PIL, una cifra enorme. Essa deve andate dove serve di più non dove si fanno più profitti. Occorre chiarire che il referendum non vuole escludere i privati convenzionati dalla gestione sanitaria che spesso, soprattutto se no profit, svolgono in modo egregio. Vogliamo escluderli dalla programmazione che deve essere invece esclusiva responsabilità del pubblico e libera da conflitti di interesse.

A nome del Comitato Referendario esortiamo tutti i cittadini italiani che abbiano a cuore la pace e il sistema sanitario pubblico a sostenere questa importante campagna. Finalmente, noi crediamo, viene assunta un’iniziativa politica forte ad un tempo ostile alla propaganda di guerra e a favore di una visione autonoma, progressiva e cooperativa dell’interesse nazionale.

Si tratta infatti di un referendum appoggiato da un numero crescente di autorevoli personalità di vario orientamento politico e culturale, che mette sui due piatti della bilancia da un parte la morte, la guerra e la grande speculazione privata e dall’altra l’investimento di risorse adeguate in politiche sanitarie pubbliche, a beneficio della salute collettiva e individuale di tutti i cittadini.

La logica che riunisce le due istanze referendarie è evidente: visto e considerato che spesso si è ricorsi all’intervento dei privati nella gestione della sanità, motivando tale scelta politica in ragione dell’assenza di soldi pubblici da destinare al sistema sanitario, è chiaro che impedendo di devolvere denaro a scopi militari, si ritaglia una somma spendibile per la salute di tutti i cittadini, in maniera da cancellare ogni alibi volto a sacrificare salute e vite umane in nome del profitto e degli interessi di pochi.

https://www.lafionda.org/2023/04/19/italia-per-la-pace-e-la-sanita-pubblica-la-nuova-campagna-referendaria/

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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