A più di 22 anni di distanza dalla “macelleria messicana” messa in atto dalle forze dell’ordine, quattro manifestanti hanno ottenuto un risarcimento da parte dello Stato italiano per essere stati violentemente pestati e torturati durante l’irruzione alla scuola Diaz nella cornice G8 di Genova, la notte del 21 luglio 2001. I quattro, due donne e un uomo tedeschi e un cittadino americano, erano stati brutalmente picchiati nella scuola e poi portati nella caserma Nino Bixio di Bolzaneto, dove furono sottoposti a torture (all’epoca, in Italia, la specifica fattispecie di reato non esisteva ancora). Nei risarcimenti sono stati fissati i danni materiali e anche quelli morali: il giudice Pasquale Grasso li ha infatti stabiliti sulla base della “estrema gravità” e “profondissima straordinarietà” delle “condotte che hanno determinato il danno alla salute dei manifestanti”, che costituì “un vero e proprio unicum nella storia repubblicana”, ma anche del “dolore”, della “vergogna”, della “disistima di sé” e della “paura e disperazione” subita dalle quattro vittime dopo la perpetrazione delle violenze. La sentenza prevede che dovranno ricevere un risarcimento di 200mila euro ciascuno. A pagare saranno i ministeri dell’Interno, della Difesa e della Giustizia.
Diversamente da altre pronunce emerse in precedenza, il giudice non ha detratto dalla quota fissata per il risarcimento l’indennizzo ricevuto dai quattro attivisti, insieme a decine di altre persone che quella notte furono sottoposte a pestaggi e torture, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo negli ultimi anni. Nella sentenza si evidenzia come, dopo quanto avvenuto alla Diaz, “i soggetti tratti in arresto subirono ulteriori vessazioni ingiustificate, insulti, minacce, lesioni personali, posizioni vessatorie, vaporizzazione di prodotti irritanti nelle celle, distruzione di effetti personali”. Infatti, “tutte le persone transitate a Bolzaneto sono state sottoposte a sevizie continue e sistematiche, da parte di agenti della polizia penitenziaria o di agenti degli altri reparti; per tutto il periodo in cui furono detenute nella caserma, tali persone, furono obbligate a rimanere in posizioni vessatorie e oggetto di percosse, minacce e ingiurie di natura principalmente politica e sessuale”.
Tra il 19 e il 22 luglio 2001, a Genova si riuniva il G8. La presenza dei membri del black block, in città, era massiccia. Se il primo giorno tutto filò liscio, il 20 luglio la situazione si infiammò. Nel tardo pomeriggio, durante un corteo autorizzato in cui si verificarono violenti scontri fra i militanti anti G8 e le forze dell’ordine, tra Piazza Alimonda e Via Tolemaide venne infatti ucciso da un colpo sparato dal carabiniere Mauro Placanica (poi prosciolto “per uso legittimo delle armi” e per aver agito “per legittima difesa”) il giovane Carlo Giuliani, che si stava dirigendo verso il Defender in cui Placanica si trovava sollevando un estintore e manifestando l’intenzione di lanciarlo verso il veicolo. Il giorno successivo sarà quello della “mattanza”. Attorno alle 23 del 21 luglio, infatti, la polizia fece ingresso all’interno della scuola Diaz in cui dormivano 93 occupanti e li sottopose a intensi pestaggi e vessazioni. I giovani furono poi portati alla caserma di Bolzaneto, che divenne a tutti gli effetti un lager, dove furono segnati con un “X” in faccia e torturati.
Nell’aprile del 2005, di fronte alla Corte d’Assise di Genova, si aprì il processo per i fatti avvenuti alla Diaz. Alla sbarra, tra agenti e funzionari, c’erano 29 poliziotti, mentre le parti lese erano 93, ovvero tutti gli occupanti della scuola. Nel 2008, in tredici furono condannati in primo grado per falso, arresto illegale e lesioni gravi. Nel 2010 la Corte d’Appello prescrisse molti reati, mentre per altri inasprì le pene e condannò i vertici della polizia precedentemente assolti, riconoscendo in favore delle parti civili il diritto al risarcimento. Nel 2012, la Cassazione condivise integralmente i fatti come ricostruiti nelle due precedenti sentenze e affermò che, per i fatti della Diaz, ci fossero i connotati della tortura ex art 3 CEDU. Tre anni dopo, esprimendosi sul ricorso avanzato da Arnaldo Cestaro, una delle vittime del violento pestaggio, i giudici di Strasburgo hanno condannato all’unanimità lo Stato Italiano a risarcirlo con 45mila euro per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione sui diritti dell’uomo, affermando che l’operato della Polizia di Stato alla Diaz “deve essere qualificato come tortura”. Con la sentenza “Bartesaghi Gallo ed altri contro Italia” del giugno 2017, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha poi reiterato la condanna dell’Italia in relazione alle violenze della scuola Diaz, condannandola al risarcimento dei danni morali in favore di altri 29 ricorrenti. Il 5 luglio dello stesso anno la Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva un testo che ha ufficialmente introdotto nell’ordinamento il reato di tortura. Che la maggioranza di governo, che ha già proposto a tal fine una proposta di legge, vorrebbe a tutti i costi abrogare.
[di Stefano Baudino]