di Omar Zein bachir — mohamed dihani

Il rapimento dei 15 saharawi è avvenuto il 25 dicembre del 2005 da parte dei servizi di sicurezza dello stato marocchino e della polizia marittima.

A causa della loro attività politica e della partecipazioni alle varie manifestazioni rivolta per l’indipendenza nelle città del Sahara Occidentale e per l’organizzazione immediata di un referendum sull’autodeterminazione.

Il rapimento è avvenuto in seguito allo scoppio della rivolta indipendentista.

Le carceri erano piene di prigionieri politici sahrawi sottoposti a diversi metodi di tortura che hanno causato morti, come nel caso di Hamdi Lembarki alla fine di ottobre 2005 nella capitale occupata Laayoune.

 

Immediatamente dopo la scomparsa dei 15 giovani saharawi, le famiglie si sono messe, iniziando a cercarli; durante la ricerca nei primi giorni hanno ricevuto informazioni a conferma

del loro rapimento e dei luoghi in cui erano passati.

Tali informazioni hanno confermato il passaggio della marina Royal marocchina nel porto di Laayoune e poi trasferite alla base militare di Pensarco e dopo sono state trasferite nel centro di detenzione segreta Temara.

Subito dopo la scomparsa dei giovani, per presunto rapimento, le famiglie hanno presentato denuncia alla Procura della Corte d’Appello nella città occupata di Laayoune, accusando i servizi di sicurezza marocchini e i rappresentati della gendarmeria del rapimento dei loro figli.

La magistratura marocchina:

Dopo che le famiglie hanno presentato denuncia del rapimento dei loro figli, la Magistratura marocchina non ha affrontato la serietà della richiesta e dei reclami, anzi ha cercato più volte di ignorare il fascicolo.

Nonostante il movimento internazionale e la pressione sul sistema marocchino, le famiglie hanno constatato la mancanza di serietà del sistema giudiziario nell’aprire un’indagine sulle denunce.

Alla fine, dopo le molte pressioni delle famiglie e delle organizzazioni internazionali, lo stato marocchino è stato costretto a rispondere alle famiglie:

Il Procuratore Generale marocchino nella capitale occupata ha chiamato le famiglie dei rapiti il 13/06/2006.

Sulla base del fatto che le autorità marocchine avevano rinvenuti quattro corpi, è stato detto alle famiglie che probabilmente 2 di questi erano corpi appartenenti al gruppo degli scomparsi.

Il Procuratore Generale aveva allora proposto alle famiglie di fare il test del DNA per accertamento. Le famiglie avevano sottolineato la necessità di condurre un test neutrale per conoscere le cause della morte; inoltre chiedevano con fermezza di vedere i corpi, ma le autorità non lo hanno permesso.

Durante l’incontro con le famiglie delle vittime e il Procuratore Generale, venne posta una domanda importante: perché lo stato Marocco nascondeva l’esistenza dei corpi per sei mesi senza dare notizie, nonostante tutte le azioni legali presentate dal 25 dicembre 2005 al 13 giugno 2006.

Successivamente, durante l’incontro con alti funzionari marocchini, come l’ex ministro degli Interni Esharki Drees, il 17 gennaio 2006, venne negato che fossero stati rinvenuti dei corpi, quindi nessuno dei 15 scomparsi.

Il 16/03/2006 il Ministero degli Interni aveva dichiarato ufficialmente al canale televisivo Al-Ayoun che il gruppo dei 15 scomparsi poteva essere affondato tentando di raggiungere illegalmente via mare la Spagna; dichiarando l’intenzione del Ministero di interpellare le autorità spagnole.

Le famiglie insistevano nella richiesta su dove fossero i quattro corpi per tutto questo tempo. Il 14/06/2006 le famiglie sono state convocate dal Ministro della Giustizia del Marocco Abdelmajid Bouzbaa, che ha proposto loro di considerare chiuso il dossier, annunciando che non sarebbe stato effettuato l’esame del DNA dei corpi.

L’indagine è stata riaperta di nuovo con ogni famiglia, pur avendo detto che il file era stato chiuso.

In seguito all’azione internazionale del relatore speciale delle Nazioni Unite sulle sparizioni forzate, la magistratura marocchina ha chiesto nuovamente che le famiglie venissero convocate, pur non essendoci nulla di nuovo nel fascicolo il 7 febbraio 2012.

L’11 febbraio 2014, alle 10 del mattino, le famiglie sono state convocate dal magistrato marocchino a Laayoune; i famigliari hanno dichiarato quanto segue:

  • Le famiglie protestano contro la classificazione delle denunce presentate nel 2006 come contro anonimi, avendo invece presentato tutte le denunce contro la Gendarmeria e la Marina marocchine per il rapimento dei loro figli; la magistratura marocchina insiste che si tratta di denuncia contro ignoti.
  • Per protestare contro il fatto che le famiglie venivano considerate testimoni invece di vittime, il che priva della possibilità di essere rappresentate da un avvocato.
  • Le famiglie confermano davanti al giudice istruttore la responsabilità dello stato per aver rapito i loro figli.
  • Le famiglie hanno rifiutato le analisi del DNA per mancanza di fiducia e hanno richiesto un’autopsia indipendente sulle salme perché è l’esame che fornisce il responso tecnico e scientifico della causa della morte.
  • Le famiglie chiedono al magistrato per quale ragione la Magistratura marocchina per la terza volta (13 giugno 2006/07 febbraio 2012/11 febbraio 2014) richieda solo la competenza dei due 2 corpi e si è chiesto la ricerca e l’individuazione di 15 persone, perché le famiglie temono che i figli siano stati liquidati dai servizi di sicurezza marocchini. Ritengono evidente che lo stato del Marocco cerca di eludere la sua responsabilità nel criminale rapimento dei figli.

Le famiglie delle vittime rapite pongono domande:

  1. I corpi che le autorità marocchine affermano esistere, sono organismi completi? O parti di corpo?
  2. I corpi sono forse mutilati? Quali sono gli arti mancanti?
  3. Dove sono stati trovati i corpi? Perché lo stato marocchino non ha identificato i corpi con mezzi tecnici e scientifici, tanto più che tutti i membri del gruppo hanno la carta d’identità marocchina.
  4. Perché le famiglie non sono autorizzate a presentare il caso in quanto vittime?
  5. Quali sono le cause della morte e chi è il medico che ha supervisionato l’autopsia?
  6. Perché alle famiglie non è consegnata una copia del documento che contiene le analisi del DNA dei due corpi in modo da poterli confrontare con le analisi del DNA per le famiglie?

Note importanti:

  1. Il sistema giudiziario marocchino si occupa delle denunce che abbiamo presentato dal 2006 in modo troppo lento e si rifiuta di indagare seriamente sul caso.  Le autorità si sono mosse solo quando la scomparsa è diventata un caso internazionale. La magistratura marocchina non si muove se non in un contesto puramente politico, come durante o prima o dopo la convocazione del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite o durante la presentazione del fascicolo nei forum internazionali. . Le famiglie affermano che non si fermeranno finché non saranno noti e puniti i responsabili della sparizione dei loro figli.
  2. Il rifiuto delle autorità del Marocco di eseguire l’analisi del DNA presso un ente indipendente conferma il coinvolgimento dei loro servizi di sicurezza nel rapimento dei nostri figli
  3. Al presente, trascorsi molti anni dal rapimento, all’ente competente dell’Onu non sono mai arrivate le risposte chieste al Marocco.

 

 

 

 

 

Di Mohamed Dihani/Omar Zein Bachir

Mohamed Dihani Sono un ragazzo saharawi del laayoune la capitale del Sahara Occidentale. Sono il responsabile generale del sito www.wesatimes.com Piattaforma di informazione sul popolo saharawi in 5 lingue. Attivista lotto per i diritti umani collaboro con l'associazione ASVDH (Associazione Saharawi per le vittime di gravi violazioni dei diritti umani) Omar Zein Bachir ragazzo saharawi dei campi profughi di Tindouf - Algeria. Abito a Modena dove ho studiato Tecnico Informatico aziendale e lavoro all'Avis di Modena. Collaboro con l'associazione Kabara Lagdaf di Modena per far conoscere la questione del Sahara Occidentale. Responsabile del sito in italiano Wesatimes piattaforma di informazione sul popolo saharawi.

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